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Quando senti di dovere chiamare al telefono il tuo amico et collega che sta lontano - non dico dove, e non dico dove sto io, in questo momento - per chiedergli se sta bene, bene davvero, giura che stai bene…. Quando senti che la linea è disturbata. Quando senti che ha una voce storta. Quando senti che non te la racconta giusta. Nonostante ti dica che è tutto ok. Quando gli richiedi, hey, buddy, how are you? Tu, che hai un pacco di anni sulle spalle, hai invece ora l'impressione che lui stia in realtà fottutamente male. Soprattutto perché di anni insieme ne hai passati. Hai imparato a capire se quando tossisce lo fa perché ha i polmoni a terra o per dirti diiiio stai zitto, e tu, zitto, resti vivo. Oppure hai imparato a capire che se guarda storto lo fa o perché ha la congiuntivite o perché invece ti vuole evitare un casino pazzesco. Per solito, ha sempre voluto evitarti la seconda option. Amico, questa sera, da qui, da questa inutile specola alla quale mi aggrappo come uno scoiattolo fuori rotta, ti auguro che tu possa restare intero. Non finire a spezzi. Desidero, con tutto me stesso, evitarti la sorte del tritacarne. Per quanto possa valere questo trascurabile auspicio. Qualcuno lo legga, perlomeno. E ti pensi. An Tagen wie diesen (tu che parli anche il tedesco…) alcuni fiumi - uno almeno, quello che guardavi da ragazzo - hanno smesso di scorrere. Per un secondo. Per quanto bastava. Potrebbe, anche questa volta. Bastare. Il tempo - i quattro secondi, cosa vuoi che siano, metti cinque - di saltare dall'altra parte. Altra riva. Altro mondo. E si spera: altra vita. Take care, buddy.
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