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Take Shelter

Creato il 30 giugno 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Take Shelter

 

Anno: 2011

Durata: 120’

Distribuzione: Movies Inspired

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA

Regia: Jeff Nichols

 

Mettersi al riparo è una necessità, un istinto animale, un’ovvia propensione alla vita, ai concetti di sicurezza, sopravvivenza, difesa . Mettersi al riparo è una fobia introspettiva, un’esigenza puerile di retrocedere all’utero materno, al dolce buio ovattato dai cordoni di un grembo prosperoso che ci legano o incatenano alle ansie di procedere soli e autonomi in un ulteriore prezioso ventre, agorafobico, incontenibile nelle sue dimensioni: il mondo.

Curtis La Forche (Michael Shannon) è un onesto lavoratore, capogruppo per una compagnia di costruzioni. Vive in un piccolo paese dell’Ohio con sua moglie Samantha (Jessica Chastain) e Hannah (Tova Stewart) – la loro figlia di sei anni, sorda – alle quali nasconde un disturbo schizofrenico ereditato dalla madre che gli provoca sogni inquietanti, allucinazioni uditive e visioni apocalittiche. Sceglie pertanto di scaricare la sua ansia nella costruzione paranoica di un costoso rifugio anti-tornado, nel giardino di casa, destando l’attenzione dei famigliari, amici, cittadini e compagni di lavoro. Non riuscendo più a sostenere questo disagio psichico, di cui ha parziale consapevolezza, Curtis si confiderà con la moglie, cercando di emanciparsi dalle ansie e dalle paure che l’hanno gradualmente seppellito.

Take Shelter

Con Take Shelter Jeff Nichols firma la sua seconda opera, quattro anni dopo il pluripremiato Shotgun Stories, ottenendo un’ottima accoglienza all’edizione 2011 del Festival di Cannes con il Grand Prix Della Settimana Della Critica e il Premio Fipresci, all’interno di un concorso cinematografico che onora la vittoria di The tree of  life di Terrence Malick (interpretato anche qui da Jessica Chastain) e la partecipazione tanto discussa di Lars Von Trier con Melancholia. Si tratta di tre film accomunati da uno sguardo cupo e a tratti visionario, velati da un’angoscia di morte agro-dolce e sublime, dai quali emerge un sentimento di vulnerabilità contemporanea molto concreto. Il 2012 non è solo l’anno delle profezie, ma è l’anno di una crisi economica feroce, di un disagio condiviso, di un orizzonte sociale che comprime di cumulonembi scuri e vorticosi l’alba del futuro:«Avevo un sentimento strano che il mondo potesse presentarmi tempi molto duri», afferma Nichols, «in parte era dovuto ai soldi, in particolare però questo era dovuto al fatto che per la prima volta nella mia vita c’erano delle cose che non avrei mai voluto perdere». L’amore,  la famiglia, la gioia, la serenità di un padre che contribuisce alla costruzione di un progetto famigliare, minata dall’alterazione sensitiva di immagini perniciose che conducono alla creazione ossessiva di un bunker, rifugio di morte prima e cavità di rinascita poi. Grembo sotterraneo, spazio neutrale che non è niente, non è mondo, non è inferno, è solo un nascondiglio dalle proprie allucinazioni e forse dal timore provocato da se stessi.

Take Shelter

Siamo tutti animali un po’ sordi, un po’ ciechi, registi affetti da una crisi sinestetica, incapaci di inquadrare tutto quello che ci circonda nella sua vera e spaventosa interezza: saette, temporali, soli e lune, dai quali tentiamo di interpretare segnali e risposte precise. Siamo pensatori intenti a sfidare “la paura dell’universale” attraverso “lo sforzo del particolare”, montatori di un film complesso, il cui decoupage si compie solo attraverso la composizione di tanti piccolissimi pezzi, destinati a ipotizzare l’infinito, mettendoci al riparo dalle condizioni nefaste, dalla fatalità degli eventi, dalle previsioni catastrofiche.

«Ti amo, ma se apro io quella porta non cambierà niente», afferma, in uno dei dialoghi finali, Samantha al marito spaventato dall’idea di uscire dal rifugio, «Vedrai, tutto andrà bene…ma non cambierà niente. Per favore.  Aprire quella porta significa stare con noi ed è una cosa che devi fare soltanto tu». Curtis chiede alla moglie di allontanare la figlia e con estrema cautela si avvicina alla porta per aprirla. Il gesto è sovraccarico di tensione, di ansia, angoscia. Una lotta tra una parte di sé e l’altra, contaminata dal pensiero corrotto di vivere continuamente in pericolo. Ma il cielo terso abbraccia il protagonista in una nuova consapevolezza, attraverso un tentativo di rinascita che lo spinge ad emergere dal fango delle proprie incertezze e dei propri deliri allucinatori.

Il finale di questo film – raccontato con una delicatezza ritmica a volte eccessiva, tanto da renderlo estremamente lento e ripetitivo nel suo corpo centrale – si pone come uno squarcio nel cielo, mettendo in discussione i clichè, le convenzioni: un tornado impressionante si dirige realmente sulla costa, muovendosi dall’orizzonte dell’oceano. Ad accorgersene è Hannah, personaggio chiave nella ricezione della verità autentica, epurata dai rumori, dal chiasso, dal berciare spasmodico della società dei media e della comunicazione. La realtà si ribalta rovesciando i colori vivi su di una tela già percorsa da segni informali. Curtis forse non è schizofrenico, ma dotato di una sensibilità diversa, depositario di un’intuizione universale che individua nelle reminiscenze di un romanticismo ottocentesco la sublime paura di una natura potente, di fronte alle fragilità e alle debolezze umane. Il ‘900 positivista è definitivamente deceduto.

Marco Pellegrino

Take Shelter
Scritto da il giu 30 2012. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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