Magazine Arte
Ma finalmente... approfittando di un weekend in compagnia cerco di godermi un po' questa città bella, ma difficile, e tutto quello che offre. E così, dopo un venerdì sera al Pigneto, una puntatina a mangiare il tiramisu di Pompi e un sabato casalingo a cucinare indiano, la domenica si passeggia per il centro, direzione Vittoriano, e poi si va a prendere un the da Namastey.
Al complesso del Vittoriano dall'11 marzo (e fino al 10 luglio) c'è Tamara de Lempicka, artista dalle opere inconfondibili e dalla personalità affascinante. Vale proprio la pena farci un salto.
Il Vittoriano può essere un posto affascinante da un punto di vista architettonico, certo però non ci si può aspettare allestimenti originali e soluzioni espositive particolarmente innovative! E infatti, appena salite le scale, va a ciclo continuo un video con una buffa donna che legge e cerca di recitare un testo per introdurci alla mostra.
Seguono grandi pannelli che ci raccontano la vita di Tamara Rosalia Gurwik-Górska, nata in Polonia (o in Russia?) nel 1898, sposa a 18 anni di Tadeusz Łempicki, da cui ha la figlia più volte ritratta nei suoi quadri, Kizette.
Tra Parigi e gli Stati Uniti farà una vita da artista dissoluta e raffinata, sposandosi per una seconda volta, ma passando attraverso numerose storie d'amore.
Morta nel 1980, Tamara attraversa una fase storica intensa e la sua produzione artistica si sviluppa di pari passo con i grandi eventi del Novecento, dalla rivoluzione russa alla prima guerra mondiale, ai ruggenti anni Venti, alla crisi economica del '29, alla seconda guerra mondiale, al secondo dopoguerra.
Tamara è un personaggio profondamente storico, una diva, una Mata Hari, una sofisticata e decadente nobildonna, che ama farsi fotografare nelle pose tipiche dell'epoca, che adora indossare e ritrarre gli abiti di moda, che vediamo recitare in quelli che appaiono come veri e propri spot pubblicitari.
Bello anche vedere la sua corrispondenza con Gabriele D'Annunzio, segno del breve incontro tra due personalità entrambe sovrabbondanti e fortemente caratterizzate.
La mostra ci propone un percorso cronologico abbastanza convenzionale, ma ci permette di godere di un patrimonio artistico quasi interamente facente parte di collezioni private e dunque - in buona parte - sottratto alla fruizione pubblica.
Ci introduce così ai primi lavori della de Lempicka, ancora lontani da quello che sarà lo stile che la renderà famosa, più vicini alle tecniche e abitudini pittoriche sviluppate tra le fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Poi ci spiega l'unicità di questa artista, "regina del moderno" in quanto capace - attraverso la sua pittura - di fare proprio l'insegnamento della fotografia, dell'architettura, del cinema di quegli anni.
Il taglio fotografico dei suoi ritratti, i giochi di linee e rimandi tra i ritratti e gli sfondi, i contrasti tra i toni di grigio degli sfondi e i colori accesi delle labbra e dei vestiti, la nitidezza dei chiaroscuri, i blu profondissimi e lucidi, i verdi smeraldo, i grigi che sembrano acciaio e seta allo stesso tempo, le sproporzioni dei corpi nudi quasi ripresi da un obiettivo grandangolare, i chiaroscuri tagliati nettissimi rappresentano una firma praticamente inconfondibile dei suoi ritratti.
L'ultima parte della mostra ci fa vedere una de Lempicka affascinata dalle nature morte, dalle scene di interni, dai ritratti ispirati alla scuola fiamminga. Più convenzionale, meno ispirata ed esuberante, forse più ripiegata e conservatrice come spesso l'età che avanza porta ad essere.
Ci resta negli occhi la dirompente sensualità dei suoi ritratti. Non solo quella che esce dirompente dai famosissimi nudi (come quelli dedicati alla bella Rafaela), ma anche quella che si coglie nell'attenzione ai dettagli, quella delle sciarpe colorate e svolazzanti, delle vesti luminose (come nel Portrait de Madame M. o ne La tunica rosa), dei ritratti maschili, degli sguardi.
Tamara de Lempicka. Personaggio senza dubbio affascinante, controverso, quasi antipatico, ma dotato di una potenza espressiva magnetica. Da vedere.
Voto: 4/5
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