Mi chiedo se l’incontro e l’esperienza di Tamara Ferioli con l’Islanda possa considerarsi un déjà vu. Così mi è apparso. Non tanto proveniente da un sogno, piuttosto da un’altra vita. È come se i profondi contrasti delle terre islandesi – la morbida erba verde e le dure rocce vulcaniche, le sabbie nere e i ghiacciai, le vite degli abitanti che si intrecciano con essa – avessero avuto un forte impatto su di lei. Come lei stessa ne parla, non in modo inaspettato, semmai rassicurante, un sentimento di serenità verso qualcosa che conosci profondamente anche se lo stai vedendo e provando per la prima volta. La sua ossessione e attrazione per l’Islanda fa pensare che ne sia rimasta ammaliata.
Ho visto per la prima volta Tamara nei West Fjords nel corso della sua ultima visita in Islanda. Sembrava trafelata, come se non avesse ulteriore tempo da perdere. Ci siamo incontrate in un piccolo café, qualche giorno prima che finisse il suo Viaggio, stava effettuando ricerche, esplorando, scoprendo e cercando ispirazione per la sua mostra. Dopo un cappuccino caldo e un Belgian waffle, è dovuta scappare. Come una spugna, che si nutre di tutto ciò che la circonda, lasciando che tutto affluisca e circoli al suo interno mentre cattura ciò che le dà energia. Ferioli, a suo modo, ha preso con sé un pezzo di Islanda che sono certa custodirà nel tempo. Le forze che ha trovato e l’hanno spinta in Islanda la convinceranno a tornare qui, sicuramente.
Björg Stefánsdóttir
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