Spirito d'osservazione ©
«Quindi» esordì Davide, gettandosi sul letto «L’idea è quella di cenare tutti insieme a casa di nonno, per il suo compleanno» «Festa a sorpresa?» volle sapere Melania, stendendosi accanto a lui. «Mmm no… non proprio… credo mamma gli abbia chiesto il permesso» «Oh, peccato… adoro le feste a sorpresa» replicò dispiaciuta. «Me ne ricorderò tra un paio di mesi…» «Non osare» lo bloccò «Adoro le feste a sorpresa degli altri! Io ci tengo a sapere esattamente dove, come e quando verrò festeggiata! Devo prepararmi!» «Psicologicamente?» «Esteticamente!» «E come fai con le liste di attesa?» domandò serio lui. «Quali liste d’attesa?» «Quelle della clinica dove ti dovrai rinchiudere per renderti presentabile!» Melania ci mise qualche secondo a realizzare la battuta, spalancò la bocca senza riuscire a replicare. Davide la fissò sbalordito. «Oh mio dio! Ci sono riuscito!» esclamò «Sono riuscito a toglierti la parola!» Si alzò dal letto saltellando ed agitando i pugni in aria, in segno di vittoria. L’amica, ancora seduta e a bocca spalancata, afferrò un cuscino e glielo scagliò contro, colpendolo in testa. «Mi hai colto alla sprovvista! Non capiterà mai più! Sappilo!» disse, puntandogli contro un dito. Davide smise di saltellare e tornò sul materasso, ancora sghignazzante. «E dai Mela… fammi illudere!» «Oh, illuditi… illuditi pure… non si dica in giro che sono una infrangi-illusioni altrui… a proposito di illusioni infrante…» si morse il labbro inferiore «Tuo cugino Lorenzo?» «Cosa vuoi sapere?» «Tutto! Voglio dire: si è presentato pesto e al verde, si è nascosto da te per… quanto? Due settimane?!? E poi è sparito… non doveva iniziare a lavorare con te al ristorante?» Davide fissò il soffitto e sospirò. «Quel ragazzo è un disastro…» commentò «Non so cosa gli sia capitato… non era così…» «Così, come?» si incuriosì Melania, mettendosi su un fianco e piegando il braccio sotto la testa. Lui sbuffò e pensò a cosa dire.
Aveva un’immagine ben precisa del cugino: allegro, spavaldo, sognatore. Gli anni lontano da casa avevano lo cambiato in qualche modo. In quelle settimane che era rimasto da lui, Lorenzo aveva indossato bene la maschera, fingendosi lo stesso di sempre, ma c’era qualcosa di diverso, di cupo in lui. Davide poteva vederlo negli occhi opachi e nel sorriso forzato. Era come se la vitalità di un tempo gli fosse stata risucchiata via dalle vene.
Melania pungolò con l’indice il petto di Davide. «Hey! Parlo con te: “così” come?» ripeté. L’uomo scosse la testa e provò ad esprimere il suo pensiero. «Così… spento» disse infine «Ride, fa battute… parla di sé come se fosse il re del mondo… ma c’è qualcosa di spezzato in lui… non te lo so spiegare…» «No… credo di aver capito, invece… è un po’ quello che è successo a te…» Davide girò di scatto la testa verso l’amica e corrugò la fronte, spiazzato. «A me? Che c’entro io!» «C’entri, Davide… tu c’entri sempre!» sbottò lei. Si mise seduta a gambe incrociate e si agganciò agli occhi di lui. «Non so come vedi tuo cugino… ma la descrizione che mi hai fatto, somiglia tanto a quello che vedo quando guardo te…» «Mela…» provò ad intervenire. «No!» lo bloccò «Fammi finire!» Davide chiuse la bocca ed ascoltò. «Oramai è da un po’ che ti osservo… soprattutto quando non pensi che ti stia guardando… ed è in quei momenti che vedo quanto sei triste. Ho sperato me ne parlassi, ho sperato ti confidassi… ma non lo hai fatto, quindi te lo chiedo io: che succede? Se non vuoi dirmelo, va bene… ma assicurami che non è nulla di grave… assicurami che è una cosa passeggera!»
L’uomo fissò l’amica incapace di proferire parola. Aveva ragione lei: era triste. Lo era da tempo oramai, una tristezza che gli si era attaccata alla pelle, all’anima. Una tristezza di cui non si poteva liberare. Si sollevò adagio sul materasso e si fissò le mani. «Mela… io… io non lo so se è una cosa passeggera… sicuramente non è grave, ma…» La donna allungò una mano e toccò la spalla di Davide. «Ok… va bene, quando ci capirai qualcosa anche tu, me ne parlerai…» «Da quando sei diventata così saggia?» scherzò lui. «Hey! Aver preso poche decisioni sagge, non fa di me una persona non saggia!» replicò stizzita. Davide rise. «Ma ti ascolti quando parli?» «Mai! Per quello ci sei tu!» «Vieni qui, scema» La tirò a sé e l’abbracciò. Affondò il naso nel collo di lei e ne inalò il profumo fruttato. «Ci vieni con me?» le chiese, senza sollevale il volto. «Dove?» domandò lei, ancora stretta a lui. «Alla cena per il nonno» spiegò «Non mi va di andarci da solo…» «Ci sarà tutta la tua famiglia… non sarai solo…» «Senza di te, sarò solo…» insisté lui. Melania sorrise e rispose: «Ti stai rammollendo, DeFerlo!» «Non rovinare il momento!» la rimproverò bonariamente. Si sciolsero dall’abbraccio e tornarono a chiacchierare.
Le buste della spesa erano stracolme e con i nuovi sacchetti biodegradabili era impossibile sperare di arrivare a casa senza perdere qualcosa per strada. Elena era solita portarsi in borsa i sacchetti di tela, ma quel pomeriggio li aveva dimenticati. Le capitava sempre più spesso di dimenticare le cose. In realtà non le dimenticava, ma la sua mente si attaccava ad altri pensieri, più importanti delle buste di tela. Nonostante il freddo pungente iniziò a sudare. Desiderò non aver indossato la sciarpa pesante di lana nera, ma ormai era tardi e mancava poco per arrivare a casa. A pochi passi dalla meta, però, una delle buste farlocche si strappò nella parte inferiore facendo rotolare fuori tutto il contenuto. Si trattenne dall’imprecare ad alta voce e si affrettò a raccogliere prodotti sparsi sul marciapiede umido. «Dovrebbero arrestare chiunque abbia inventato queste diavolerie» La voce femminile giunse alle orecchie di Elena, causandole brividi lungo la schiena. Era da più di un anno che non la sentiva. Rallentò il recupero frenetico del cibo e sollevò lo sguardo sulla figura che si stagliava alta e scura sopra di lei. «Melania…» sussurrò, tra spavento e sorpresa. «Ti serve una mano?» chiese la donna spuntata dal passato. «S-sì… grazie» balbettò Elena. Melania si abbassò e raccolse il resto dei prodotti. «Come stai, Elena?» le chiese. «Bene… e tu?» «Mmm… non c’è male…» Le due donne si sollevarono con le braccia piene di ogni sorta di generi alimentari. «Abiti sempre al 22?» domandò. Elena annuì, recuperò il resto delle buste ancora integre fece strada. «È capitato anche a me un paio di volte… ma io compro poche cose, me la sono cavata ficcando tutto in borsa» proruppe Melania. «Oh… in genere mi porto dietro le buste di tela… ma oggi le ho dimenticate…» si giustificò la donna. «Buste di tela… a questo non avevo pensato!» commentò «Eccoci qua» concluse, fermandosi di fronte ad un vecchio portone dalla vernice rossa, scrostata. Elena tirò fuori dalla tasca del cappotto le chiavi. «Per fortuna c’è l’ascensore…» disse timidamente. «Già! Un lusso mica da ridere!» Si scambiarono un sorriso impacciato e salirono all’ultimo piano del palazzo. L’odore di cioccolata invase le narici di Melania che ne inspirò l’odore dolce e pungente, facendole venire l’acquolina in bocca. «Mmmh… che odorino! Ti sei data ai dolci?» domandò, poggiando le scatole di cibo che aveva tra le braccia sul tavolino del salotto. «Oh… solo dei friandes che ho fatto a tempo perso…» rispose «Vuoi assaggiarli? Magari con una tazza di caffè?» chiese ansiosa Elena. «Non dico mai di no al caffè, e non dirò mai di no ai dolci! Sono tua!» fece allegra. Elena annuì. «Fammi mettere a posto la spesa ed arrivo…» «Ti do una mano?» si offrì. «Oh, no! Davvero… accomodati, faccio in un attimo!» Recuperò il cibo lasciato sul tavolino e sparì in cucina. Rimasta sola, Melania si guardò intorno. Tutto sembrava rimasto uguale all’ultima volta che era stata lì: era una sera d’autunno ed Elena e Davide l’avevano invitata a cena, avevano scherzato sui suoi assurdi appuntamenti ed avevano guardato un film. Sembrava trascorsa un’eternità. «Eccomi…» La voce di Elena la fece trasalire. «Scusa… non volevo spaventarti…» «Figurati, mi ero persa in un ricordo…» La tranquillizzò. La donna sorrise. «So cosa vuol dire… mi sembra di non fare altro ultimamente: perdermi nei ricordi…» Un velo di malinconia le calò sugli occhi. Melania corrugò la fronte ed inclinò la testa di lato. «Ricordi belli, spero…» «I migliori della mia vita…» replicò nello stesso tono malinconico. Quasi si fosse resa conto di quel momento di debolezza, scosse la testa e sorrise. «Beviamo questo caffè o si raffredderà» la invitò, avvicinandosi con il vassoio al divano. «Oh… ma che belli!» commentò Melania, vedendo gli alberelli di cioccolata disposti in un piattino. «Spero siano altrettanto buoni!» replicò Elena. «Lo saranno di certo!» E così dicendo ne prese uno e lo addentò. Il cioccolato fondente le si sciolse sulla lingua, accarezzandola con il suo sapore vellutato. Un’esplosione di gusto riempì la bocca di Melania che non poté fare a meno di mugugnare un verso di piacere. «Sono la fine del mondo! Come i hai fatti?» domandò con gli occhi socchiusi. «Oh, beh… sono semplicissime sfoglie di cioccolato fondente, aromatizzato con olio essenziale alla menta piperita, e decorate con un po' di mompariglia dorata e zucchero al velo…» rispose con modestia Elena. «Sono il nirvana del gusto! Secondi solo ai dolci alle mandorle di Dav…» Melania ingoiò il resto del nome insieme al cioccolato, si portò una mano sulla bocca e si scusò con lo sguardo. «Non essere stupida… non è Voldemort, puoi nominarlo!» «Scusa… è che ne so così poco sul perché sia finita tra di voi… che non so cosa posso o non posso dire…» Elena fece un’espressione stupita. «Non... lui non ti ha detto perché è finita?» si meravigliò. Melania scosse la testa in segno di diniego. «Non che glielo abbia chiesto… ma non mi è mai sembrato propenso a parlarne…» «Capisco… ha senso…» «Per te, forse… per voi! Per me no. Vi ho lasciati che eravate l’una l’estensione dell’altro… e vi ho ritrovati… a pezzi…» Gli occhi di Elena si colmarono di lacrime. «Lui è a pezzi?» «Certo che sì! Ed anche tu… e quindi mi chiedo… che diavolo ci fate ancora divisi?» «È una storia lunga…» singhiozzò. «Si dà il caso che io abbia tempo, amica mia…» Melania incrociò le braccia sul petto e si lasciò andare contro lo schienale del divano.
4 settimane prima:
Davide andò a pagare il debito di Lorenzo con l’autista dell’autobus, invitando il cugino ad iniziare a salire in macchina. Il giovane aprì la portiera del veicolo e si chinò a salutare la donna seduta al posto del passeggero. «Buonasera!» Melania spalancò gli occhi e la bocca vedendo il viso tumefatto di Lorenzo. «Lo so! Lo so! Sono uno schianto!» scherzò. «Se sei uno schianto non lo so… di sicuro ti sei schiantato da qualche parte! Che diavolo hai fatto?» domandò Melania, ancora sconvolta. «Storia lunga, lunghissima…» svicolò il ragazzo, salendo in macchina. «Ho tempo» insisté lei. «Beata te… io invece ho sonno!» replicò Lorenzo. «Sicuro di stare bene? Devi andare in ospedale?» si preoccupò lei. Il ragazzo tossicchiò una risata. «Se non sono morto in una settimana, non mi succederà niente stasera…» Melania tacque e lo osservò sistemarsi sul sedile posteriore. «Allora…» aggiunse Lorenzo «Come mai tuo marito ti ha concesso di uscire di casa a quest’ora?» «Io e Alfio abbiamo divorziato… da quasi 4 anni oramai!» lo informò. «Oh… questa si che è una sorpresa… e ti ha lasciata lui o…» «O…» Lorenzo piegò gli angoli della bocca verso il basso, in segno di apprezzamento. «Ed Elena? perché lei non è qui?» «Certo che sei proprio aggiornato! Lei e Davide hanno rotto… un anno fa…» Il giovane spalancò gli occhi e sollevò la testa. «Quindi… tu e lui… avete finalmente deciso di mettervi insieme?!?» «Cosa?» si scandalizzò Melania «Sei impazzito? Davide è come un…» «Oh, ti prego» la interruppe «Non dire “fratello”! Non sopporto questa cazzata!» «Ok… Davide è come una sorella…» Lorenzo scosse la testa e rise. «Ne riparleremo al matrimonio…»
Vera ©