di Luca Portaluri
Pasquale Urso, litografia
Un autobus viaggiava sobbalzando su una strada secondaria del sud degli Stati Uniti. Su un lato era seduto un vecchietto minuto che teneva in mano un mazzo di fiori freschi. Di fronte a lui c’era una ragazza i cui occhi cadevano di continuo sui fiori dell’uomo. Per lui poi giunse il momento di scendere. Impulsivamente mise i fiori in grembo alla ragazza:
-“Vedo che ti piacciono questi fiori”, spiegò, “e penso che a mia moglie non dispiaccia se li prendi tu. Le dirò che li ho regalati a te”.
La ragazza accettò i fiori, quindi osservò il vecchio scendere dall’autobus e varcare il cancello di un piccolo cimitero.
Ecco, se mi si dovesse domandare di esplicare il concetto di dolcezza e spiegarlo ai bambini o ai più piccoli di me, racconterei loro la storiella appena citata. Non so se sia vera, o se sia il classico racconto scaldacuore ma, pur ammettendo ciò, rimarrebbe il valore dell’esempio del piccolo grande uomo del bus a illuminare due giornate: la sua stessa del vecchietto e quella della ragazza a cui rende il mazzo floreale. Senza pulpiti ornamentali, senza omelie ridondanti, a volte si riconosce la presenza di umana bontà, di dolcezza estrema dai piccoli gesti, quasi insignificanti, proprio come un dono inatteso, profumato e colorato. La gente di fede parlerebbe di presenza di Cristo in questi uomini o donne generosi e magnanimi con i loro gesti caritatevoli e gratuiti, ma si può pensare ugualmente a tanti atti laici, sommessi o eclatanti, da cui irradia amore. O diversi tipi di amore a diversi destinatari. Nel gesto del vecchietto, ad esempio, si scorge arcobalenicamente quell’amore degli anziani per i giovani cuori e per i loro desideri a volte inespressi (perché no: il nonnetto americano del racconto avrà visto gli occhi della ragazza come fossero quelli di una sua nipote o di una sua figlia o, quantomeno, a me piace pensare questo); si intravede l’amore per le sorprese e per il bisogno di sorprendere e di essere sorpresi; non sempre l’impulsività ha connotazione negativa, anche se si tende a considerarla un difetto caratteriale, poiché, quando è rivolta verso il Bello – anzi verso la teatralità del Bello – assume una forza vitale incommensurabile. Il gesto di donare quel mazzo di fiori – istintivo – subito prima di scendere dall’autobus, o qualunque altro gesto di generosità, non premeditato e né costruito, hanno il merito di creare delle crepe tra gli strati di cemento armato che avvolgono certi cuori . Come un forte vento improvviso, essi dissipano e spazzano quella polvere di tristezza depositatasi nei mesi. Come una potente toccata di pennello, arrivano a riverniciare di freschezza alcune anime somiglianti precedentemente sempre più a cantine stantie e umide.
E poi, nel gesto e nelle parole accompagnatrici dell’uomo del bus, io vedo nitidamente - stupendo, primordiale, assurdamente elegante – l’amore per la propria amata defunta; il vecchio andrà a trovarla, le parlerà, la bacerà,le sorriderà come sempre e, rassicurandola, le riferirà che i fiori quella volta li aveva regalati e lei capirà.Come quando era in vita.
Certo, in questo tempo in cui si celebrano nascite e si dispensano regali di ogni sorta suscita forse una smorfia di anacronistico dispiacere parlare di assenze, ma come si amano i presenti, si dovrebbe amare chi non c’è più, a prescindere dal grado di fede e dalla credenza in un’esistenza post mortem o, ancora, nella reincarnazione in una futura vita. Spesso una mancanza definitiva ci fa vivere e concepire il significato della vita molto meglio di una presenza,vicina o lontana che sia. Non più felice chiaramente, ma più consapevole dell’importanza (positiva o negativa a seconda dei casi) di quelle piccole, infinitesimali parole taciute, di quelle leggerissime esitazioni, di quel fintamente immobile tempo rimandato per fare una scelta. Situazioni che si possono solo rimpiangere quando muore una persona cara. Ai rimorsi ci pensa già la coscienza (quando uno ce l’abbia) ad addensare di grigio la vi(s)ta, ma ai rimpianti chi rimedia? Perciò non so se l’anima abbia un peso in grammi come tanti sostengono, o se voli eterea dopo aver esalato l’ultimo respiro, non mi interessa: ciò che m’importa è il peso sostanziale che io darò alle mie azioni future, al fine di onorare incessantemente, il ricordo di chi corporalmente non sorriderà più insieme a me.
E in ogni caso è affascinante immaginare o sperare che il famoso mazzo di fiori di quell’anziano signore della storiella americana sia incredibilmente variegato e colorato, e che la ragazza doni a sua volta una parte di esso ad un bambino ancor più giovane di lei, e che quest’ultimo strafelice e gongolante distribuisca steli e petali ai suoi genitori o ai suoi nonni. E cosi via, cosicché alla famosa moltiplicazione di pani e di pesci di evangelica memoria (anche qui per chi crede) possa corrispondere per chi non crede, ma penso più fattibilmente, una condivisione di ciclamini e sospiri, una proliferazione di gigli e abbracci, una suddivisione di oleandri e gemiti, un’esplosione di papaveri e orgasmi, un’irrefrenabile espansione di tulipani e nuovi vagiti, un’abbagliante propagazione di baci e lillà.
MANIFESTATEVI E SORPRENDETEVI.