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Tanto rumore… per cosa?

Da Rossellagrenci
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TANTO RUMORE… PER COSA?

Quattro giorni fa scrivero del film A fari spenti nella notte, dandone un mio giudizio, complessivamente positivo. Subito su Facebook si è accesa la discussione che divideva nettamente gli spettatori in due gruppi. Avevo, quindi, deciso di approfittare della discussione nata per ulteriori commenti. Sono stata, però, preceduta dal comunicato stampa dell’Associazione Italiana Dislessia. E’ la prima volta che sono molto confusa leggendo quanto afferma l’AID, non condividendone il contenuto.

Mi sembra che se ne sia fatto “un caso” quando non ce n’ era la motivazione. Cosa dice l’AID?

“la dislessia viene presentata come una malattia della quale si può soffrire durante l’infanzia e dalla quale si può guarire indossando particolari lenti colorate. La sceneggiatura della fiction presenta il protagonista come un ex-dislessico, la cui storia vera è stata trasposta sul piccolo schermo da bravi attori, e prodotta per la prima Rete Televisiva pubblica. La nostra associazione ritiene che un servizio pubblico debba rispettare parametri di correttezza e competenza, senza mai venir meno al proprio compito divulgativo ed educativo, neppure nella scelta di una pellicola proposta agli spettatori RAI per passare una serata davanti al teleschermo.”

Di questa pellicola se ne era già parlato giorni prima, se ne è continuato a parlare con le interviste agli attori, nelle quali si capiva che il film era tratto da una storia autobiografica, quella dello sceneggiatore, il figlio di Ugo Pirro, autore del libro Mio figlio non sa leggere. Ebbene, un libro scritto negli anni ’80, quando padre e figlio avevano dovuto affrontare da soli prove e difficoltà legate alla dislessia, di cui si sapeva davvero poco.

Ebbene, il film parlava del trauma legato a questo vissuto, mai risolto nella psiche del giovane. Quindi, mi sembrava un ottimo modo per far capire quanto potesse far male un vissuto incompreso come quello di Umberto (nel film, Stefano).

Il film parlava di un incidente di moto dopo del quale il protagonista rimane sulla sedia a rotelle, privo della memoria. Ed è di quella guarigione che si parla, a mio avviso, della difficoltà di recuperare l’uso delle gambe e della memoria, e non della guarigione dalla dislessia. Gli occhiali con la lente rossa, alcune facili definizioni di dislessia, possono aver tratto in inganno i genitori ben informati appartenenti all’Associazione Italiana Dislessia, ma a me pare davvero troppo tanta indignazione, anche perchè un film mandato in onda in TV, secondo me, non ha obblighi di tipo educativo e divulgativo, come scrive l’AID nel comunicato stampa.

Mi dispiace doverlo ammettere, diventerò impopolare, ma mi sembra tutto così eccessivo. Mi dispiace anche per quei genitori ai quali il film ha portato disorientamento. Forse bisognerebbe solo continuare a parlare ancora di dislessia, in modo corretto, nelle sedi giuste: nelle scuole e nelle associazioni, e poi anche sul web e in TV…
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