Siamo nella Tanzania meridionale,quella confinante con il Mozambico, che è la più povera anche se dotata di splendide spiagge e di un oceano invitante.
Nella regione di Mtwara e nella città capoluogo, a fine gennaio scorso ci sono stati ripetuti disordini contro uffici pubblici e caserme di polizia, con sette morti rimasti sul terreno.
E tutto per via della rabbia esplosa nei confronti della capitale economica, Dar es Salaam.
La politica, secondo gli abitanti di Mtwara e i rappresentanti delle istituzioni locali, s’impegna in costosi progetti solo per favorire la grande città,ex-capitale coloniale.
Sono, infatti, in cantiere, a Mtwara, la costruzione di una centrale elettrica, l’ampliamento del porto e l’apertura di alcune fabbriche di fertilizzanti e di cemento.
I vantaggi, però,sempre per i contestatori, non riguarderebbero affatto la loro realtà.
La corruzione politica in Tanzania c’è ed anche piuttosto dilagante (serve poco nasconderselo), nonostante non manchino denunce e una certa reazione pronta delle opposizioni che, quando possono, non stanno certo esitanti a guardare in silenzio.
Così, qualche giorno fa, dopo l’ennesime contestazioni di piazza, a quanto riferisce il quotidiano tanzaniano “The Guardian”, il presidente Jakaya Kkwete ha dovuto di persona, con un suo messaggio ufficiale, cercare di pacificare gli animi.
Il motivo è il timore che la realizzazione al largo di Mtwara del gasdotto, finanziato con un prestito dalla China Export-Import Bank (costo di un miliardo e 200 milioni di dollari e che sarà terminato entro il 2014), convoglierebbe il metano a Dar es Salaam, lasciando immutate le urgenze locali e inascoltate le richieste della gente della regione.
E c’è da giurare che, chi contesta, non è poi troppo lontano dalla verità.
Il Tanzania di questi ultimi anni è realmente un Paese in crescita, grazie al turismo e non soltanto.
Bisogna mettere in conto, per esempio, anche un certo spirito imprenditoriale e la loriosità dei suoi abitanti.
Ma le disparità economiche restano abissali tra le differenti classi sociali , e ancora tra le zone costiere e quelle interne e anche tra il nord e il sud .
La voglia di sviluppo certamente è tanta e, tra l’altro, la gioventù, che anche grazie a internet è in grado di guardare lontano, preme per un effettivo cambiamento del Paese.
Essa agognerebbe che non fossero sempre i soliti noti a governare, che fosse possibile un ricambio e, soprattutto, che ci fosse una migliore ed equa distribuzione della ricchezza.
Ma, su certi argomenti, niente è facile in Africa.
E niente è facile anche in Tanzania.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Nella foto il Presidente della Repubblica del Tanzania, il musulmano, Jakaya Kikwete