Dar Es Salaam, 5 marzo 1999: Julius Kambarage Nyerere inaugura la prima “università popolare” (Open University) del Tanzania. È il suo sogno da 20 anni. E il primo laureato in Lettere, honoris causa, è proprio lui, ex presidente del paese, stanco e ammalato. È una delle ultime presenze ad alto livello dell’ex pastore di pecore e capre, figlio del capo Burito Nyerere, poligamo con 22 mogli (1).
Quanto all’ultima comparsa pubblica in assoluto dello statista tanzaniano, con ogni probabilità bisogna raggiungere il Kenya. Nella capitale Nairobi Nyerere incontra 44 missionari della Consolata, provenienti da oltre 20 nazioni di quattro continenti, convocati per il loro 10° Capitolo Generale. Il tono del discorso è pacato e confidenziale, ma la tensione etica è contagiosa e carismatica: il “sognatore della nazione-famiglia” (ujamaa) passa in rassegna i nodi cruciali dell’Africa, soffermandosi sul servizio missionario. L’applauso dei missionari è scrosciante, convinto, affettuoso.
Il calendario segna il 31 maggio 1999. Circa quattro mesi dopo, il 14 ottobre 1999, Julius Kambarage Nyerere muore di leucemia.
Nyerere e i missionari. È, senza dubbio, un capitolo significativo della vita del presidente. Tanti sono i suoi “ricordi missionari”, anche critici (2).
Qualcuno si spinge molto in là, dichiarando che lo statista tanzaniano è “un’invenzione” dei missionari. Esagerazioni a parte, non si può negare l’impronta profonda lasciata in lui dai Missionari d’Africa (o Padri Bianchi). Ad esempio: dopo la scuola elementare, Kambarage (non ancora battezzato) frequenta la Tabora School, diretta dai Missionari d’Africa. Costoro intuiscono che c’è “ottima farina in quel sacco” e gli spalancano i battenti dell’università di Makerere, in Uganda, per ottenere il diploma in pedagogia.
Nyerere è mwalimu (maestro) di biologia e storia alla Saint Mary’s Secondary School di Tabora, quando gli viene offerta una borsa di studio dai… soliti missionari. Così il minuscolo zanaki (è il nome della sua tribù) solca l’oceano e approda ad Edimburgo (Scozia): vi consegue il master in storia ed economia.
Nyerere e i missionari. E le missionarie. Al riguardo, è memorabile e di scottante attualità il discorso che il presidente del Tanzania rivolge alle Maryknoll Sisters, nei pressi di New York, il 16 ottobre 1970 (3).
“La Chiesa - dichiara Nyerere - dovrebbe accettare che lo sviluppo dei popoli è anche rivolta… Mi rifiuto di credere che Dio sia ignorante, superstizioso, pauroso, oppresso, infelice, com’è invece la grande maggioranza delle persone da Lui create a sua immagine. Gli uomini sono artefici del loro destino, certo. Ma oggi noi non siamo più creature di Dio, bensì un prodotto dei nostri simili… I cristiani devono lavorare per gli altri. È strano che io lo raccomandi a voi, missionarie. Però è urgente sottolineare sempre che noi dobbiamo lavorare con il popolo, non per il popolo…” (4).
Anche i Missionari e le Missionarie della Consolata conservano qualche ricordo prezioso del mwalimu. Non è difficile per loro invitarlo al già menzionato Capitolo Generale in Kenya, giacché per anni è di casa presso il loro quartiere generale di Tosamaganga (Iringa). A Tosamaganga, infatti, studiano due suoi figli: Anna e Andreas. I missionari custodiscono con orgoglio una foto che ritrae in chiesa i due rampolli con il famoso papà nel giorno della loro prima Comunione: è il 30 ottobre 1960. Eloquente è pure la fotografia di Nyerere con il vescovo Attilio Beltramino, missionario della Consolata, che gli benedice la corona del Rosario.
A Tosamaganga i missionari della Consolata vantano una celebre Secondary School, retta da padre Francesco Sciolla. “Un pomeriggio - racconta padre Romano Ceschia - sorpresi il presidente del Tanzania in camera del rettore della Sekondary, entrambi seduti pacificamente sul letto. Ridevano, ridevano come due compari d’osteria…”.
Un altro giorno Nyerere, ritornato a Tosamaganga, è in chiesa: prega e canta con i fedeli, e si confessa come tanti. Al termine della celebrazione, la gente lo acclama ritmando festosamente: “Di-scor-so, di-scor-so, di-scor-so!”. Ma lui resiste alla tentazione del bagno di folla e dice semplicemente: “Cari fratelli, in chiesa sono uno di voi…”.
Padre Giovanni Gallardo, professore di chimica alla Sekondary School di Tosamaganga, ha il seguente aneddoto. “Dopo una lezione, Nyerere mi domandò a bruciapelo:
- Padre, secondo te, che cos’è la politica?
Poiché non risposi prontamente, il presidente mi incalzò dicendo:
- Forse vorresti dire che la politica è un affare sporco! Probabilmente hai ragione. Infatti Aristotele parla dell’uomo quale animal politicus. Proprio perché il politico si comporta spesso da animale che la politica è sporca. Mi sbaglio, padre?”.
Il Mwalimu è a Ikonda, zona povera e remota nella regione di Njombe, dove i missionari della Consolata hanno costruito un ospedale. Durante la cerimonia di apertura, Nyerere scorge fratel Battista Locatelli, anch’egli missionario della Consolata, conosciuto a Tosamaganga, e lo chiama accanto a sé. La scena si ripete a Ubungo (Dar es Salaam) all’inaugurazione di una chiesa. In entrambi i casi presenta al popolo fratel Battista come uno dei grandi costruttori del Tanzania.
Ragiona padre Giuseppe Inverardi: secondo Nyerere, i fratelli, missionari della Consolata, non sono solo costruttori di case e chiese, di scuole e dispensari, ma di persone, caratteri e coscienze. Sono il simbolo della laboriosità, dimensione necessaria allo sviluppo e alla impegnativa kujitemea (autosufficienza), spesso invocata come strada maestra della dignità personale e nazionale…
Nel 1974 la missione di Wasa (diocesi di Iringa) celebra il 50° di fondazione. Nessuno crede nella partecipazione di Nyerere, giacché padre Virgilio Panero l’ha invitato scavalcando le autorità religiose e governative. Il che procura al missionario non lievi rampogne. Ma lui arriva, con il suo disarmante sorriso, incurante di ogni etichetta gerarchica.
E sentite questa di padre Giulio Belotti. “Durante la festa del Saba Saba (7 luglio, anniversario della fondazione del partito TanU, svoltasi ad Iringa nel 1979), lo vidi lasciare il corteo presidenziale per intrattenersi con due missionarie della Consolata, intravviste fra la folla e conosciute anni prima in una scuola governativa: sostò così a lungo che anche Samora Machel, presidente del Mozambico e ospite d’onore, lasciò il corteo per andare a parlare con le suore”.
Dunque la cordialità del tanzaniano strega persino il mozambicano. Fatto notevole, giacché Machel non è affatto dolce verso i missionari!
In Tanzania la politica è ujamaa, cioè socialismo solidale, fraterno, quasi evangelico. Suor Luisa Piera, superiora delle missionarie della Consolata in Tanzania, ne è affascinata. Interpella Nyerere:
- Noi missionarie che cosa possiamo fare?
- Poiché siete anche infermiere, manda una suora nell’ospedale di Iringa. Che lavori gratuitamente. Il suo esempio sarà contagioso.
La missionaria designata al servizio gratuito è suor Valentiniana, ostetrica.
Dar Es Salaam. Che afa stagnante in quel torrido pomeriggio di settembre del 1975! Per trovare un soffio di refrigerio, inseguo la brezza carezzevole dell’Oceano Indiano. Raggiungo la spiaggia in macchina, ma il semaforo rosso mi ferma. Accanto, un’altra auto. E che vedo? Julius Kambarage Nyerere. Dal finestrino abbozzo un sorriso con circospezione. E lui:
- Sei un padre?
- Sono un missionario della Consolata.
Il semaforo diventa verde e l’auto presidenziale sgomma. Ma si arresta 100 metri più avanti. Nyerere è in piedi sul bordo della strada con la mano alzata. Accosto. Conversiamo per 15 minuti. Tra l’altro dice: “Vedi, padre: se, andando alle Poste per comprare francobolli, ti si dice ‘aspetta, bwana, perché l’addetto al servizio è uscito un istante’; se il giorno dopo la scena si ripete e magari si replica una terza volta, sappi che il Tanzania non andrà lontano!”.
Diversi lustri sono trascorsi da quell’incontro fortunato e fortunoso, ad un tiro di sasso dall’Oceano Indiano. Il Tanzania è andato veramente lontano nello sviluppo, nella giustizia e nella fraternità?
Francesco Bernardi,
missionario della Consolata in Tanzania
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1) Per una visione sistematica della figura di Julius K. Nyerere (biografia, politica e fede religiosa), rimando ad un dossier della rivista Missioni Consolata (cfr. Francesco Bernardi, Il maestro signore in “Missioni Consolata”, ottobre 2011, pp. 35-50).
2) È sufficiente dare uno sguardo all’indice analitico dei tre volumi che raccolgono alcuni discorsi di Nyerere, dove spicca la voce “missionaries” (cfr. Julius K. Nyerere, Freedom and Unity/Uhuru na Umoja, Oxford University Press, Dar Es Salaam 1966; Freedom and Socialism/Uhuru na Ujamaa, Oxford University Press, Dar Es Salaam 1968; Freedom and Development/Uhuru na Maendeleo, Oxford University Press, Dar Es Salaam 1973).
3) Cfr. Julius K. Nyerere, Freedom and Development/Uhuru na Maendeleo, Oxford University Press, Dar Es Salaam 1973, pp. 213-228. Nel suo discorso Nyerere cita pure il papa Paolo VI e sant’Ambrogio.
4) Ibid., pp. 216, 216, 221 (libera traduzione dall’inglese dell’autore del presente articolo).