Martedì 9 agosto 2011. Seconda esibizione del “Nabucco” di Verdi al Teatro greco-romano di Taormina. Molti gli spettatori presenti, attratti anche dalla diretta in mondovisione prevista in oltre un migliaio di sale cinematografiche grazie all’accordo della RAI con varie emittenti internazionali. Come già accaduto alla “prima” non c’è il tutto esaurito, ma poco importa: l’atmosfera è quella delle grandi occasioni e lo scenario naturale del teatro è indescrivibile: incastonato su un declivio a picco sul mare e coronato dal diadema del golfo di Giardini Naxos, l’impianto è un vero gioiellino impreziosito per la serata da quinte prospettiche eccezionali, quali il vulcano Etna in eruzione e la scenografia in alta definizione proiettata sul paraskènion, ideata e impostata dal regista Enrico Castiglione come un set cinematografico. I costumi di scena e gli arredi sono molto convincenti e contribuiscono alla drammatizzazione, ma la maestosità e l’accuratezza nei particolari delle otto “camere” proiettate sullo sfondo sono una vera meraviglia dell’innovazione tecnologica.
Ad una prima lettura l’intento è quello di ricreare il contesto storico-artistico in cui si svolgono gli eventi, per cui le costruzioni di stampo assiro-babilonese richiamano l’atmosfera dell’antica capitale della Mesopotamia, mentre gli ambienti tipicamente ebraici alludono al Tempio di Salomone. L’idea di fondo, però, è quella di esprimere il contrasto lirico, tipicamente risorgimentale, tra le emozioni forti di un popolo oppresso – che, confidando nella protezione divina, anela alla libertà e desidera creare una propria patria – e un popolo oppressore – che è fiaccato dal desiderio ambizioso e incessante di conquistare, distruggere e uccidere. Non a caso gli ideali di riscatto del popolo ebraico sono gli stessi che infiammavano gli italiani sotto il giogo straniero nei bui anni preunitari – e ciò contribuì non poco al successo dell’opera di Verdi.
Così, quando prima dell’incipit l’orchestra intona l’inno nazionale in omaggio ai 150 anni dall’unità d’Italia, la scelta sembra quasi sfidare la proposta della Lega Nord – dai noti ideali secessionisti – che intende sostituire l’inno di Mameli proprio con il “Va’, pensiero” verdiano. Tuttavia, nella IV scena della terza parte, i versi, scritti dal poeta Temistocle Solera, si prenderanno la loro rivincita, poiché saranno ripetuti due volte dall’applauditissimo coro, da sempre considerato il vero protagonista di quest’opera. È sempre arduo, infatti, per i personaggi del Nabucco, reggere il confronto con la giusta notorietà di un motivo così popolare. Piace la resa di alcuni ruoli, come quello della schiava Abigaille, interpretata dalla soprano romana Chiara Taigi, adatta al ruolo per presenza scenica e una vera voce verdiana. Ismaele, il tenore Massimiliano Chiarolla, dimostra di avere una voce squillante che si proietta bene all’aperto, mentre il gran pontefice del popolo ebraico, Zaccaria, impersonato dal basso Francesco Ellero d’Artegna, si distingue per una voce molto calda e profonda.
Le immagini presenti in questo articolo sono state gentilmente concesse da Taormina Arte – Fotografie di Enrico Di Giacomo