I miei ricordi più belli degli ultimi anni, quelli che hanno costruito il mio cuore, sono in gran parte confusi dalle luci stroboscopiche o dal volume della musica, e a volerli raccontare sarebbe cosa particolarmente complicata.
Invece, uno dei ricordi di cui sono più gelosa è particolarmente nitido della mia memoria ed è la visita che, appena 13enne, feci a Castel del Monte, Andria, guidata da un caro amico di mio padre che con estrema pazienza, passione e dedizione condusse la mia curiosità dalla base della collina su cui il Castello domina, stanza dopo stanza, fino al cortile centrale.
Di quella mattinata ricordo perfettamente ogni passo, pausa e discorso, ed anche il silenzio tombale in cui mi chiusi alla fine del giro.
Letteralmente sconvolta dalla violenza dei concetti che mi erano piombati addosso e che vedevo anche attaccati a quelle pareti bianche pulite dal vento fortissimo, rimasi in silenzio tutto il resto della giornata.
Tutta quella guerra di pensieri, potrei oggi riassumerla in due grandi concetti che sono poi stati confermati anche nelle notti più leggere e superficiali dove lo spazio intorno a me non era frutto delle più complesse teorie esoteriche del mondo conosciuto ma uno stanzone kitsch con delle ballerine che escono dalla bocca di un drago alato. E più precisamente:
1) c’è sempre qualcosa che, anche della più evidente e materiale delle realtà, ci sfugge;
2) qualsiasi cosa umana, anche la più perfetta, è destinata ad essere distrutta e dimenticata.
Allora non potevo sapere che l’amico di papà, Federico II ed i suoi architetti mi avessero trasmesso uno dei segreti alla base della vita e che molti anni dopo si sarebbe evoluto in due corollari ben precisi:
Sub 1) In discoteca non si riesce mai a capire la strada più breve per il bagno e per l’uscita;
Sub 2) Anche l’outfit più perfetto è destinato a tornare nell’armadio.
Ma.. comunque.. quell’impressione così forte è rimasta limpida e netta nella mia mente e giuro che, nonostante la mia pessima memoria e la mia distrazione, posso ripercorrere mentalmente tutte quelle sale e riesco a fermarmi di nuovo al centro del cortile a guardare il cielo ottagonale nonostante lì non ci abbia mai più messo piede.
Ricordo altrettanto bene che alla fine, gli adulti iniziarono a domandarsi come mai il Castello fosse tanto poco utilizzato (senza gran stupore, giacchè è il destino comune a gran parte delle strutture artistiche di provincia) e conclusero che, il principale problema sarebbe potuto essere che qualsiasi altra cosa avessero fatto lì dentro sarebbe stata sicuramente inadeguata.
Dieci anni dopo sono stati smentiti.
Miguel Chevalier, pioniere dell’arte digitale, è riuscito a creare quanto di più federiciano l’arte moderna possa realizzare. L’artista francese, infatti, ha rivisitato la tradizione islamica dei mosaici, degli arazzi e dei tappeti con i colori, i materiali e le forme espressive della più avanzata tecnologia ed ha creato i Tapis Magiques.
Dopo una collaborazione con Hermès, istallazioni al Sacré Coeur di Casablanca, al Museo di Arte Moderna di Cèret, alla fondazione K11 di Shanghai, e nel tunnel temporaneo tra Forum des Halles e Place Carrée a Parigi, questa estate, nella cornice del festival “Castel dei Mondi”, Chevalier ha steso un suo tappeto, ottagonale – L’Origine du Monde- , proprio nel cortile di Castel del Monte ed il risultato lascia senza fiato.
A prima vista può sembrare solo un simpatico gioco di colori, tutt’al più una forma di arte interattiva tanto in voga negli anni degli smarphone ma, in realtà, questo progetto è molto di più. C’è, infatti, una perfetta sincronia tra la poetica alla base dell’opera dell’artista e dell’opera Federiciana, Castel del Monte incluso.
La sperimentalità, la multidisciplinarietà, l’ibridazione, la generatività sono i concetti ispiratori dell’arte di Chevalier quanto della quête dell’Imperatore e della sua corte che in quel castello ha vissuto, studiato, creato.
Il tappeto che cambia al muoversi dei visitatori, ed i colori che si invertono sembrano davvero una magia. L’immaterialità dell’opera, eppure così evidente, sarebbe stato il sogno degli alchimisti che Federico II accoglieva nella sua corte.
L’istallazione è durata solo pochi giorni, ma il video realizzato per l’occasione da Claude Mossessian sembra davvero riuscire a trasmettere tutto.
Questa volta, quindi, impressionante non è il cielo blu ottagonale, ma il pavimento technicolor ottagonale e, per una volta, la tecnologia e l’arte moderna non hanno dovuto cedere il passo di fronte alla perfezione delle forme della storia ma ha dato nuovo vigore ad una ricerca che evidentemente, non è finita.
di Andrea Giulia Monteleone