Il tarallo " nzogna e pepe ", sugna e pepe, è un tipico prodotto della tradizione gastronomica napoletana.Si tratta di un tarallo cotto al forno, i cui ingredienti sono farina, sugna, pepe, ricoperto da mandorle nella parte superiore.
Matilde Serao, nella sua opera " Il ventre di Napoli " descrive i famosi fondaci, quartieri molto popolari nelle vicinanze del porto, dove la miseria e la fame regnavano incontrastate. A sconfiggere quella fame spesso ci riusciva, a partire dalla fine del 1700, il tarallo.Come molti prodotti alimentari di antica tradizione, il tarallo è figlio della creatività e fantasia di tante generazioni la cui principale preoccupazione era la necessità di utilizzare tutte le risorse alimentari di cui disponevano. E fu così che i fornai, nel 1700, non avendo nessuna intenzione di buttare lo " sfrriddo " cioè i ritagli di pasta con cui avevano appena preparato ed infornato il pane, si inventarono il tarallo: aggiunsero della sugna, la "nzogna " in limgua napoletana ", del pepe in abbondanza a quei ritagli di pasta, lavoravano sapientemente l'impasto ottenuto, ricavavano delle striscioline, le attorcigliavano tra loro, gli davano una forma a ciambella e le infornavano. Agli inizi del 1800 qualcuno ebbe la felicissima idea di aggiungervi le mandorle che vanno a nozze col pepe. Essendo un cibo povero, il tarallo aveva ed ha tuttora, una grossa diffusione. Ne traevano profitto i fornai che non buttavano nulla della loro lavorazione, ne traeva beneficio la povera gente che con pochi soldi, riempiva lo stomaco affamato con qualcosa dal gusto eccellente e con un apporto calorico, dovuto alla sugna presente nell'impasto, non indifferente. Ne traevano profitti anche gli osti, nei cui locali si consumavano molti taralli, perchè il pepe presente nell'impasto faceva si che gli avventori consumassero anche molto vino. Vista la sua grande diffusione non poteva mancare la figura del " tarallaro " venditore ambulante di taralli che, con la sua cesta piena di taralli , coperti da un panno per tenerli al caldo, girava per i vicoli e le strade di Napoli.
tarallaro
Fino ai primi anni 80 girava per le strade di Napoli l'ultimo tarallaro, Fortunato del quale conservo ancora vivo il ricordo: infatti quando ancora adolescennte, magari marinavo la scuola e in compagnia dei miei amici andavo a zonzo per le strade del centro storico, lo incontravamo che spingeva il suo carrozzino da neonato, ripieno di taralli nascosti da una coperta per tenerli al caldo, una piccola scritta era sul davanti : " La ditta Fortunato resta chiusa il lunedì " . La sua voce echeggiava per le strade , da Piazza Dante a Piazza Carità, per via Toledo e in tutti i vicoli adiacenti a queste strade : " Furtunat' tene a rrobba bella, nzogna nzogn! " e poi chiamava a gran voce tanti nomi di donna : Antonietta!, Maria; Titina!. Molti si affacciavano ai balconi e si facevano mettere in un paniere i suoi taralli che emanavano un profumo intensissimo. Questo personaggio, con un sorriso sincero, è entrato a pieno titolo nella storia della città, tutti lo conoscevano, indipendemente dal ceto , nobili o poveri che erano, e tutti, almeno quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarlo, lo ricordano con piacere e anche con un po di malinconia per qualcosa che è scomparso per sempre ma che fa parte comunque delle nostre radici.
Fortunato ed il suo carrozzino (foto di Armando Moreschi )
Copertina del libro " Fortunato " di Massimo Andrei.
Questo fantastico personaggio è entrato talmente nell'immaginario collettivo di un intera città che è stato scritto un libro sulla sua vita " Fortunato " di Massimo Andrei, e il grande Pino Daniele gli ha dedicato una canzoneMa torniamo al tarallo. Possiamo dire che si tratta di uno sfizio tutto napoletano, ed ancora oggi, passeggiando sul lungomare di via Caracciolo, troviamo tanti chioschetti che vendono taralli "nzogna e pepe ", e che vengono consumati così, passeggiando sul lungomare ( oggi lo chiamerebbero street food) Il tarallo deve essere mangiato caldo, perche il calore fa sprigionare la sua caratteristica fragranza. Ed è per questo motivo che i " tarallari li portavano in giro coprendoli con una coperta.Dal tempo dei tarallari ad oggi il tarallo ne ha fatta di strada: da cibo per i poveri, quasi di prima necessità per l'apporto calorico che la sugna gli conferisce, siamo arrivati ad un bene quasi voluttuario, che trova terreno fertile tra i giovani che lo consumano nei pub e nelle birrerie con la birra. Lo si trova anche nei supermercati ben impacchettati, sotto vuoto, con la raccomandazione di consumarli caldi. E non è necessario usare il microonde per riscaldarli, basta tenerli su un termosifone per qualche minuto perchè la sugna e le mandorle liberino la loro fragranza.
ingredienti:500 g farina150 g sugnalievito di birra 30 g200 g mandorle con bucciasale 2 cucchiaini circapepe nero 2 cucchiaini circa
procedimento
scioigliete il lievito con un dito di acqua tiepida, impastatelo con 100 g di farina, formate un panetto e mettetelo a lievitare in una ciotola coperto da un panno. Quando avrà raddoppiato il suo volume impastatelo con la restante farina, la sugna, il sale, il pepe e tanta acqua tiepida necessaria per ottenere un bel panetto morbido. Lavoratelo sulla spianatoia per una decina di minuti. Ricavate dall'impasto dei rotolini di circa 20 cm di lunghezza e dello spessore di un dito. Unite i bastoncini, a due alla volta, attorcigliateli tra loro e uniteli a ciamnella, decorateli con le mandorle e metteteli a lievitare fino a raddoppiare il volume.
Infornateli in forno preriscaldato a 180° e toglieteli quando saranno ben dorati ( circa 50/60 minuti,) Se chiusi ermeticamente si conservano per freschi per diversi giorni.
Con quetsa ricetta partecipo al bellissimo contest di vaniglia e cannella per il 150° anniversario per l'unità d'Italia. Si tratta di un contest benefico,quindi invito tutti voi a diffonderlo e a parteciparvi!!