Taste of Rome, il festival internazionale dell’alta cucina rielaborato in chiave romana, ha conquistato la Capitale.
Dopo tre edizioni milanesi e vari festival in giro per l’Europa, la kermesse gastronomica più famosa del mondo è arrivata anche a Roma, con il nome Taste of Rome.
Dal 20 al 23 settembre, negli spazi all’aperto dell’Auditorium Parco della Musica si è svolto un grande evento di cucina dal tono informale e dallo stile innovativo, ricco di spunti originali e creativi. Per l’occasione, gli chef stellati e i grandi cuochi della tv sono usciti dalle loro cucine per offrire ai visitatori del festival piatti tradizionali cucinati con estrema cura, proposte fusion di grande qualità e accostamenti originali studiati con grande attenzione per i dettagli.
Taste of Rome è un festival a 360 gradi, che dimostra come il cibo sia non solo uno strumento di comunicazione moderna, ma una vera e propria arte, in cui si fondono armoniosamente storia e tradizione, espressione e creatività, forma e sostanza, cultura e scienza.
Naturalmente, come in ogni manifestazione alla prima edizione, non mancano le cose da migliorare, come il biglietto di ingresso troppo caro (16 euro a persona per l’ingresso base, escluso il parcheggio), la presenza di barriere architettoniche per i disabili, la mancanza di ascensori per chi ha problemi motori e la chiusura della giornata alle ore 17 (per poi riaprire alle 19 con un nuovo biglietto di ingresso per la serata).
Difetti a parte, Taste of Rome è probabilmente l’evento culinario più interessante della Capitale.
Al festival hanno partecipato 12 fra i migliori ristoranti della città, che – gomito a gomito – hanno preparato per 4 giorni prelibatezze tradizionali, pietanze fusion e assaggi da capogiro reinventati in modo creativo: vi segnalo, in particolare, le mezze maniche alla amatriciana de ‘Il Convivio’ di Angelo Troiani, le capesante impanate, ripiene di mozzarella di bufala, foglie di sedano e tartufo nero e la granita ai frutti di bosco e balsamico, fluida di yogurt e cioccolato bianco dell’Imàgo, Hassler Hotel, dello chef Francesco Apreda.
Originali, simpatici e sfiziosi anche lo spiedino di gambero in pasta fillo e spuma di mortadella del ristorante Giuda Ballerino (dello chef Andrea Fusco) e la tartare di manzo con maionese affumicata e mostarda e Magnolia, Jumeirah Grand Hotel, firmata dallo chef Kotaro Noda.
Interessante anche la selezione di produttori e aziende del territorio, che hanno proposto curiosi abbinamenti con materie prime di alta qualità.
Tra questi, vi segnalo l’azienda agricola Gennaro Garofalo, che offre una delle migliori mozzarelle di bufala d’Italia (tra gli accostamenti insoliti proposti dall’azienda c’erano delle piccole mozzarelle avvolte da una glassa di menta), il frantoio Archibusacci di Canino, che produce l’olio viterbese per eccellenza (tra gli assaggi proposti, un tortello ripieno di rucola e stracchino impreziosito da un filo d’olio a crudo), e il mitico percorino Brunelli, da sempre uno dei migliori del nostro Paese.
Ad animare l’evento anche una serie di dimostrazioni culinarie e showcooking organizzati da alcune scuole di cucina della Capitale e da diversi chef stellati, con la sponsorship di Elettrolux; abbiamo assistito (nella giornata di sabato 22) alla preparazione di un involtino primavera con verdure nostrane di stagione e di un gaspacho in bruschetta con pomodoro, cetriolo e peperone, dedicato soprattutto ai veri negati della cucina, che – vi assicuro – non mancano!
E voi ci siete stati?