Da una sceneggiatura di Jacques Tati mai portata sullo schermo nasce L'illusionista (L'illusioniste, UK-Francia 2010) di Sylvain Chomet, già autore del meraviglioso Appuntamento a Belleville. Non poteva che essere il disegno l'unico modo per mettere in scena questa storia tanto triste, che ha in sé tutti gli elementi della poetica e della comicità del grande comico francese: la fine di un mondo e di un determinato tipo di comicità di fronte all'avanzare inesorabile di una modernità senza umanità, maghi e clown votati al fallimento, alla solitudine e alla strada, senza che nessuno li possa salvare (come non ricordarsi di Memorie di un clown?). Il consumismo (della ragazzina) che contagia ogni strato della società; l'alienazione della vita da ufficio (il mago è un pesce fuor d'acqua) o in officina.
Film meraviglioso con molte sequenze da ricordare, tra cui l'inizio, con l'ingresso sul palcoscenico della dinoccolata cantante subito dopo l'esibizione di Tatischeff (il vero cognome di Tati) che cerca di recuperare lo scorbutico (e ribelle) coniglio; i numerosi gag, come tutta la sequenza nell'officina, la zuppa cucinata dalla ragazzina (di coniglio?) o la nevicata (di piume); il mago che entra al cinema durante la proiezione di Mon oncle.