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Sicuramente nelle fasi iniziali di progetto non si è proceduto ad un coinvolgimento diretto delle istituzioni locali e della popolazione, che per molto tempo è rimasta all'oscuro dell'opera, alimentando dunque preoccupazioni, a volte realistiche, molte altre no. Sicuramente in seguito, in particolare con l'ultimo governo Prodi, il progetto ha subito notevoli modifiche grazie al "passaggio" attraverso i pareri e le osservazioni di molti enti locali, trasformando il prodotto iniziale in un progetto sicuramente meno alieno e più "partecipato" rispetto a quello iniziale, meno impattante a livello paesaggistico.
Ma oramai i tempi delle opinioni sono terminati (così come la pazienza dell'Unione Europea che subisce le pressioni della Francia che preferirebbe spostare il percorso al di là delle Alpi, tagliondo fuori l'Italia): è il momento di partire con un'opera che, sebbene molti del movimento "no tav" ritengono inutile e dannosa, sarà uno strumento di sviluppo economico a livello nazionale e di miglioramento delle condizioni di vivibilità per la Val di Susa, interessata da un traffico merci su gomma che stressa le arterie stradali e che produce inoltre emissioni inquinanti.
E' dunque poco utile e dannoso il perpetuarsi di azioni di protesta a testa bassa, anche violente, per bloccare un'opera di rilevanza internazionale e la miopia con cui cisi ostina ad essere non contro questo progetto in particolare, ma contro qualunque possibilità che la linea TAV passi per la Val di Susa, la trovo sconcertante e simbolo di un popolo, quello italiano, troppo spesso in preda agli egoismi personali, di corporazione, o di campanile: possibile che l'interessa nazionale, l'interesse comune debba venire sempre e comunque meno rispetto a veti di singole comunità o pochi individui? Qual'è il punto di equilibrio?
Ovvio, ogni situazione ha un suo punto di equilibrio: di certo credo che nella storia della TAV in Val di Susa questo limite sia stato oramai superato.
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