Tax Freedom Day, sino ad oggi abbiamo lavorato per lo Stato

Creato il 23 giugno 2015 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Del “Tax Day”, martedì scorso, la grande informazione e le istituzioni tutte si erano preoccupate di avvertire per tempo i contribuenti italiani. La settimana scorsa, infatti, cadeva il giorno in cui proprietari e inquilini di questo Paese hanno dovuto versare la prima rata delle tasse sugli immobili (anche quelli utilizzati come abitazione). Il conto era piuttosto salato, noi lo abbiamo provato a spiegare su questo sito confrontando i dati degli ultimi anni sul gettito incassato dallo Stato, ma ciò che contava, per la grande informazione, era far arrivare soprattutto un messaggio: ricordatevi di pagare! Così non stupisce il fatto che oggi, esattamente una settimana dopo, specialmente sulle televisioni si parli invece ben poco del “Tax Freedom Day”. Cioè del giorno della liberazione fiscale.

Cos’è il Tax Freedom Day? Se sommassimo tutte le tasse, le imposte, i contributi e i balzelli vari che il cittadino italiano preso come esempio deve pagare nel 2015, si scoprirebbe che fino a oggi, 23 giugno, questo cittadino ha lavorato esclusivamente per pagare tutte queste tasse. Avrà pure dell’incredibile, insomma, ma soltanto a partire da oggi, dopo 173 giorni dal 1° gennaio, i soldi che ogni italiano guadagna dal suo lavoro o dai suoi investimenti non finiranno più nelle casse dello Stato, dell’Inps o degli enti locali, bensì nelle sue tasche. L’elaborazione è stata compiuta dal Corriere della Sera e dalla Cgia di Mestre, prendendo come esempio un quadro con un reddito di 49.228 euro. Per un lavoratore con reddito inferiore, pari a 24.656 euro, il giorno della liberazione fiscale è un po’ anticipato, cadrebbe cioè il 13 maggio, dopo “soli” 132 giorni lavorativi. Come se queste simulazioni non fossero già sufficientemente terrorizzanti, il Corriere della Sera aggiunge (nell’inserto Economia, perché non sia mai che troppi lettori possano facilmente avere accesso a questo tipo di notizie!): “In quest’inizio d’anno non sono state introdotte modifiche al sistema tributario e, quindi, è presumibile che davvero da qui a fine 2015 riusciremo a portarci a casa tutti i nostri guadagni, senza che il Fisco ce li sottragga con uno dei suoi soliti blitz. Ma non è detto, visti i buchi che alcune sentenze hanno aperto nei conti pubblici e il complicarsi della situazione sui mercati finanziari a causa dell’incertezza legata alla sorte della Grecia”. Come dire: nessun dorma! 

Le imposte minuto per minuto. L’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha calcolato pure “quanto si lavora ogni giorno nel 2015 per pagare tasse e contributi”. Ancora una volta i risultati sono stupefacenti. In una giornata media, lavoriamo 112 minuti per pagare l’Irpef, 44 minuti per pagare i contributi, 13 minuti per l’Iva, 18 minuti per le tasse locali, 13 minuti per le accise e 8 minuti per altre imposte. Dopodiché ci restano liberi per noi stessi 252 minuti. Ecco quello che si chiama un Fisco asfissiante e invasivo. 

Perché al Governo non conviene ricordare questa scadenza. A qualsiasi Governo non farebbe piacere ricordare che fino alla metà dell’anno – che esattamente coinciderebbe con il 30 giugno – il contribuente italiano è ridotto di fatto in schiavitù dalle richieste esose del Fisco. Ma in particolare non farebbe piacere al Governo attuale, guidato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi che in tutte le apparizioni pubbliche si vanta di aver abbassato il carico fiscale sugli italiani. Per smentire tutto ciò si potrebbe guardare ai numeri contenuti negli stessi documenti ufficiali del Ministero dell’Economia (vedi per esempio il Documento di Economia e Finanza, o Def), nei quali si stima una pressione fiscale ferma al 42-43% del Pil. Oppure, appunto, si potrebbe osservare che dal 2011 a oggi, secondo i calcoli del Corriere della Sera, la scadenza del Tax Freedom Day si è spostata continuamente in avanti. Nel 2011, infatti, il Tax Freedom Day si collocava il 14 giugno; era quello il giorno in cui il contribuente italiano poteva dire di iniziare a guadagnare per sé e non più per lo Stato. Poi nel 2012 e nel 2013 lo Stato ci ha chiesto di fatto di lavorare una settimana in più, e il Tax Freedom Day si è spostato al 20 giugno. Ma dall’anno scorso, eccoci richiesti altri tre giorni di “straordinario”. Il Tax Freedom Day è oggi, il 23 giugno appunto, e continuerà a spostarsi sempre più in là se il Governo non accetterà di mettere davvero mano alla revisione della spesa pubblica, riducendo le pretese della macchina pubblica a ogni livello (locale, regionale e statale). Ricordarlo ogni anno, anche nei programmi televisivi di massimo ascolto, sarebbe un gesto di trasparenza e civiltà.

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