Ah, che meraviglioso manifesto di ipocrisia è la lettera aperta apparsa, qualche giorno fa, su Le Nouvelle Observateur firmata da sedici dei maggiori manager francesi delle più importanti aziende che, più o meno, recita: “Noi, presidenti, amministratori delegati uomini e donne del mondo degli affari, finanzieri, professionisti e cittadini ricchi sosteniamo la creazione di un contributo eccezionale che andrà ad interessare i contribuenti francesi più facoltosi… Siamo consapevoli di aver pienamente beneficiato del modello di sviluppo francese e dell’ambiente economico europeo, ai quali noi siamo fedeli e ci siamo impegnati a preservare… Nel momento in cui il deficit di bilancio e le prospettive di peggioramento del debito pubblico minacciano il futuro della Francia e dell’Europa, nel momento in cui il governo chiede a tutti uno sforzo di solidarietà ci sembra necessario contribuire”.
Da tempo, in Francia come nel resto d’Europa e del mondo, l’aristocrazia del denaro ha sostituito l’aristocrazia nobiliare (anche se alcuni di questi nomi sono coincidenti), ma anche i “nuovi aristocratici” hanno imparato la lezione della rivoluzione francese; perchè non accada a loro, come ai reali nel 1789, di perdere tutto per non voler perdere qualcosa.
Che forse, poi, non si tratta neppure di ipocrisia quanto di convinzione genetica; devono averla sentita tante di quelle volte la storia della rivoluzione, fin da piccoli, con il latte materno, da averla fatta, istintivamente, propria.
Soprattutto la stessa storia l’hanno sentita fin da piccoli, fin dall’asilo anche tutti gli altri francesi (nelle scuole viene raccontata con grande enfasi, come pietra miliare della società, lo so per esperienza diretta perchè mia figlia al liceo ha fatto il programma di storia previsto dal ministero dell’istruzione francese su testi scolastici francesi) ed anche loro la conoscono alla perfezione.
E’ anche a questo che servono le rivoluzioni come scrissi qualche tempo fa per insegnare agli uni ed agli altri il senso del limite alle vessazioni e alle ingiustizie.