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Taxi teheran

Creato il 27 settembre 2015 da Kelvin

TAXI TEHERAN(Taxis)
di Jafar Panahi (Iran, 2015)
con Jafar Panahi
durata: 82 minuti

Credo che lo sappiate tutti ma è sempre bene ripeterlo: Jafar Panahi, il più famoso regista iraniano, da ormai cinque anni non può uscire dal proprio paese né girare e produrre film, reo di essere considerato oppositore del regime islamico e perciò condannato al silenzio. Ne consegue che il suo ultimo film, Taxi Teheran, premiato con l'Orso d'oro all'ultimo Festival di Berlino, è stato girato in clandestinità e con mezzi di fortuna, coinvolgendo persone fidate e sfruttando per quanto possibile la complicità di conoscenze internazionali che ne hanno permesso l'uscita.
Dico questo non per influenzare il vostro giudizio (non c'è bisogno: il film, uscito a fine agosto, è ormai sparito dalle sale) ma perché questa lavorazione così avventurosa è parte integrante e fondamentale di una pellicola bellissima proprio grazie alle particolari condizioni in cui è stata realizzata, e che le conferiscono un'immediatezza e una freschezza allo sguardo tipiche di un'opera che è non solo "di resistenza", ma di anche amore incondizionato verso il cinema inteso come bisogno irrinunciabile di un regista che a questa professione a dedicato, a volte anche rischiandola, la propria vita.
TAXI TEHERANGirato totalmente (o quasi) dentro una macchina, aiutandosi con una normalissima videocamera da cineamatore, Panahi si finge tassista per ingannare (sul serio!) le autorità iraniane simulando il trasporto di numerosi passeggeri, attori in incognito, i cui dialoghi con il presunto "autista" ci aiutano a capire e riflettere sulla situazione del paese. Il film è di un realismo impressionante, tanto che all'inizio, pur sapendolo, ci sembra impossibile che non sia un documentario "vero". Ma è grazie a una sceneggiatura di ferro e a un montaggio sapiente malgrado gli scarsi mezzi a disposizione (e qui si vede davvero il tocco d'artista) che ci accorgiamo di come Taxi Teheran sia un'opera toccante e profondamente politica, in cui nulla è lasciato al caso e in cui ogni personaggio che sale in macchina è lì per farci conoscere un determinato aspetto di una nazione affascinante e oppressa, giovane e "ribollente" di rabbia, eternamente divisa tra fanatismo religioso e voglia di aprirsi all'occidente e al progresso.
Vediamo così salire sul taxi un avvocato-donna (quasi un'eroina in un paese maschilista fino al midollo) che si reca in carcere per assistere un'amica imprigionata per essere andata allo stadio da sola, ci sono due signore anziane che per scaramanzia cercano di portare due pesci rossi dall'altra parte della città, un ferito in un incidente stradale che vuole far testamento con un modernissimo smartphone, temendo che sua moglie non possa ereditare nulla, una ragazzina (la vera nipotina del regista) che interroga il regista stesso sul concetto di realismo e su come girare un documentario per la scuola stando ben attenta "a raccontare la verità, purchè non sia troppo cruda..."


TAXI TEHERANMa c'è una scena che, personalmente, ritengo non solo la più bella del film ma una delle più belle in assoluto dell'intera stagione: lo scambio di battute con Orim, "spacciatore" di dvd pirata che, beffardamente, si erge a difensore del cinema "libero", andando fiero di vendere sottobanco agli iraniani i film di Woody Allen, è semplicemente straordinario per l'ironia e la contestuale commozione che sprigiona. Il cinema come grimaldello per la libertà, il "pusher" che piazza una droga ben più pesante e potente di quelle "tradizionali", fatta di immagini e sogni. In questa scena di pochi minuti c'è una Nazione intera, c'è il bisogno di libertà, c'è il grido appassionato ma non disperato (anzi, battagliero) di un cineasta e di un popolo che non si rassegna ad essere oppresso e che cerca in ogni modo di farlo capire al mondo.
TAXI TEHERANLa bellezza di Taxi Teheran sta tutta qui, in quest'ironia di fondo che sottace un dramma senza mai cadere nel pietismo, un film che non si piange addosso e dimostra di saper coinvolgere e appassionare anche nella ristrettezza di mezzi con cui è stato realizzato. Una sola cosa fa davvero impressione: in questo film non ci sono nè titoli di testa, nè di coda. Perchè come dice lo stesso regista, "mettere i titoli avrebbe significato mettere nei guai tante persone,  poichè il regime iraniano scheda tutti i credits dei film divulgabili e il mio certamente non lo è...".
Ricordatevi (anche) di questo, quando andrete a vederlo.

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