Celle sovraffollate, temperature superiori ai 48 gradi, penuria di cibo (se non portato dai parenti che non guazzano nell’oro),alimenti gettati in terra per mancanza di suppellettili, condizioni generali pessime, possibilità di violenze d’ogni genere.
Questo è quanto emerge dall’ultimissimo Rapporto di Amnesty International sulle carceri ciadiane.
Certamente per l’Africa non è nulla di nuovo in quanto non è solo il Tchad ad avere queste condizioni di degrado nelle carceri.
Tuttavia il Rapporto ha quanto meno lo scopo di richiamare le autorità del Paese ad una verifica seria e attenta delle condizioni di chi sconta una pena carceraria, breve o lunga che sia, e di assumersene, di conseguenza, tutte le responsabilità per tutelare le condizioni di permanenza.
Richiamo che, comunque,è quasi certo che non sortirà grande effetto o produrrà cambiamenti.
Lo staff di Amnesty International ha visitato ben sei carceri di sei cittadine diverse del Tchad.
Il consuntivo finale di questo “pellegrinaggio”, nero su bianco, racconta di 9 morti causate da asfissia, 5 morti per disidratazione acuta, 7 morti per percosse attribuite alle guardie carcerarie.
Tutto naturalmente è nell’arco temporale di un solo anno.
Un ricercatore ciadiano di Amnesty ha testualmente detto che le autorità avrebbero e, quindi, hanno (se aprono occhi e orecchie) il dovere di assicurare l’integrità fisica e mentale dei prigionieri.
Con l’obiettivo scontato d ‘impedire che una condanna al carcere si trasformi in una condanna alla pena di morte.
Questo è Tchad. Questa è Africa.
Certamente.
Ma il peggio o l’assurdo (fate voi...) è che l’ Europa e la “nostra” Italia,cosiddette realtà “democratiche”, specie in certi contesti, hanno anch’esse carceri che possono ben affiancarsi a quelle africane per incuria,sporcizia e corruzione.
E le autorità deputate non vedono e non sentono.
a cura di Marianna Micheluzzi (ukundimana)