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Te lo do io il sogno americano

Creato il 12 agosto 2015 da Albertocapece

Te lo do io il sogno americanoQuando ero ragazzo, l’apice della retorica liberal democristiana, l’argomento principe, era che bisognava far andare i lavoratori in Urss per dissuaderli dal votare comunista. Non sarebbe stato male ribaltare il ragionamento  e invitare la sterminata piccola borghesia conservatrice ad andare in Usa per rendersi conto delle cose al di là dell’immagine patinata del cinema e della televisione. Tutte le volte che vedo un telefim americano mi chiedo dove le vadano a trovare le strade così lisce visto che gran parte delle highway è pessimamente rattoppata, come mai non compiano le sterminate cittadine fatte da roulottes, perché di New York o di Chicago non si vedono mai i quartieri davvero degradati, ampiamente utilizzati invece nei film del dopo bomba Eppure la conoscenza dell’America deriva proprio da questo bombardamento senza fine di immagini prive di realtà mentre il 99% dei fortunati che oltre atlantico ci sono andati davvero limita la sua conoscenza ai centri delle città e dei luoghi più noti.

Ancora più singolare è che questa “notizia” delle distorsioni dell’immagine americana appaia nella sua chiarezza proprio su Il Giornale, sia pure nel blog di Marcello Foa, di certo non allineato con i betullini di via Gaetano Negri. Ma uscendo dal campo dell’immagine e dell’immaginario ci sono due docenti della New York University che si sono incaricati di sgretolare l’apparenza del Paese più ricco e potente del mondo, utilizzando statistiche diffusissime, di facile reperibilità, spesso tratte dal fact book della Cia a dimostrazione che il complesso  narrativo e autonarrativo della fiction americana si propone una forma di narcolessia globale rivolta all’interno e all’esterno. Così Hershey H. Friedman e Sarah Hertz si sono incaricati di demolire il mito del numero uno, atto di fede imprescindibile negli Usa e anche presso le colonie.

Ci sono cose di grande interesse che vanno oltre lo studio stesso e costituiscono un evidente atto di accusa sugli ultimi 40 anni. Si comincia col con il cancellare l’idea che gli Usa siano la prima potenza economica. In realtà l’anno scorso sono stati superati dalla Cina: se si tiene conto del potere di acquisto Pechino ha un Pil di 17.632 miliardi e gli Usa di 17.416 miliardi, Costruita questa cornice il ritratto prende forma: per quanto riguarda il numero dei poveri assoluti gli Usa si situano al 35* posto ( si va dal meno al più) su 157 Paesi con 45,3 milioni di persone prive di qualsiasi risorsa. E’ interessante notare che durante gli anni ’50 e ’60, prima che il neoliberismo cominciasse a vagire, si era passati dal 20 al 12, 1% nel ’69. Adesso si è al 14, 5%, ma su una popolazione molto più numerosa. Dunque un arretramento, generale che però svela le sue dinamiche nei particolari: nel ’66 il 28,5% dei poveri era formato da anziani che avevano potuto sfruttare solo in parte gli avanzamenti sociali partiti col new deal e rafforzatisi dopo il conflitto mondiale. Oggi invece gli anziani indigenti sono solo il 9,1% proprio perché gran parte degli ultra sessantacinquenni hanno goduto della fase keynesiana dell’economia occidentale, mentre giovani e persone mature, sotto schiaffo del neoliberismo, costituiscono il grosso dei poveri. Non stupirà apprendere che su 35 Paesi gli Usa sono al penultimo posto per quanto riguarda il numero di bambini poveri: solo la Romania fa peggio del 25% statunitense.

Per quanto riguarda l’indice di diseguaglianza gli Usa si pongono agli ultimi posti: l’indice Gini misura 0, 501 per il Cile, 0,466 per il Messico, 0,411 per la Turchia, 0,380 per gli Usa, 0, 376 per Israele (dove lo ricordiamo un terzo della popolazione è palestinese con tutte le conseguenze del caso, eppure strappa qualcosa all’America). Nel 1992 il 10% per cento di popolazione più ricca aveva 20 volte i beni del 50% più povero. Adesso sempre quel 10 per cento possiede 69 volte i beni della metà più povera della popolazione. Secondo i repubblicani i poveri sono tali perché non si sforzano di lavorare e vogliono vivere facilmente alle spalle dello stato. Fesserie bottegaie di cui anche da noi si sente ogni tanto l’eco: in realtà le statistiche dicono che i poveri assoluti hanno quasi sempre un lavoro, spesso più di uno (naturalmente quanto mai aleatorio o in nero, ma sempre pessimamente pagato) mentre la maggioranza dei non lavoratori è costituito da ricchi nullafacenti. L’economista Robert Reich ha scritto  recentemente: i self made man, simbolo della meritocrazia americana sono ormai scomparsi: sei tra i dieci americani più ricchi sono in realtà solo eredi di immense fortune tanto che gli eredi Walmart possiedono da soli più del 48% degli americani più poveri”.

Così non può stupire che gli Usa siano al 27° ed ultimo posto per quanto riguarda la ricchezza media lorda (considerando gli introiti e il valore del beni di proprietà ) 38 786 dollari, contro -tanto per fare un esempio i 123.710 dell’Italia, caso particolare vista la diffusione degli immobili di proprietà. Del resto l’America si situa al 14° posto su 228 Paesi per pil pro capite, al 17° su 175 per corruzione percepita. Anche la scuola dal cui modello pendono i coglioni di governo non va affatto bene: gli Usa si collocano al 17° posto su 64 per la lettura, al 21° nelle scienze, al 26° nella matematica. Cosa questa che si riverbera anche negli studi universitari: nonostante i primati delle più note università della nazione, dovuti più che altro a criteri assurdi studiati per ottenere questa preminenza, solo il 18% degli studenti arriva a un livello sufficiente e internazionalmente comparabile.

Ma ci sono cose che stupiscono è che sono insospettabili se ci si riferisce al mito americano: per esempio gli Usa sono solo 16° su 34 Paesi Ocse per la velocità della banda larga che peraltro è anche la più cara e sono soltanto all’ 87° posto per l’uso dei cellulari. Per quanto riguarda la tutela della salute gli States sono al 44° posto su 145,  al 60° per mortalità infantile e al 55° per aspettativa di vita (l’Italia è all’11°). Anche la democrazia non sta molto bene, visto che si situano al 14° posto su 150.

Notissimo è il fatto che gli Usa sono la nazione con il maggior numero di detenuti: ce ne sono circa 2 milioni e 300 mila (più di quelli russi al tempo di Stalin) a cui si devono aggiungere altri 5 milioni di persone sottoposte a misure restrittive, un numero troppo alto per non dare da pensare sullo “stile di vita amwericano, anche se infinitamente sfruttabile a fine di film, telefilm, serie e quant’altro.

Però in una cosa gli Usa sono di gran lunga i primi: le spese militari. Esse sono più alte di quelle messe insieme di Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna , Germania, Giappone, India e Arabia Saudita che come sappiamo si sta armando a livelli folli. Probabilmente questo basta e avanza alla piccola oligarchia di comando che attraverso lo strumento militare pensa di poter perpetuare il potere economico del dollaro e di esportare dovunque il neo liberismo. Proprio come gli imperi in decadenza.


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