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Te lo racconto perché lo racconti

Creato il 28 luglio 2010 da Astonvilla
Te lo racconto perché lo racconti
Stimato Randy:
Mi compiaccio di farti arrivare un breve commento:
leggevo con piacere alcuni versi di Espronceda, poeta spagnolo nato nel 1808 e morto a 34 anni, nel 1842. La lettura mi ha riportato indietro a quando ero uno studente delle medie.
Improvvisamente, mi è venuta idea mentre mi dilettavo con i simpatici versi della “Canzone del Pirata”.
Il poema conteneva un’idea etica. Pirata, era la parola generalmente impiegata per descrivere la violenza, il saccheggio e la conquista con la forza di beni altrui.
Ma il poeta ci parla di norme di condotta e pensiero di un vero pirata, alcune delle quali sono degne di encomio.
In alcune strofe il pirata proclama:
“Che lì muovano feroce guerra
cechi re
per un palmo in più di terra:
che io ho qui per me
quanto contengono i mari selvaggi,
ai quali nessuno impose leggi.”
“Che è la mia barca il mio tesoro,
che è il mio dio la libertà,
la mia legge, la forza e il vento,
la mia unica patria, il mare.”
“E se cado,
cos’è la vita?
Per perduta
già la diedi, quando il giogo
dello schiavo,
con coraggio
scacciai”.
“Nei bottini
io divido quanto preso
in parti uguali;
solo voglio
per ricchezza
la bellezza
senza rivali.”
“Sono la mia musica migliore
l’aquilone,
lo strepito e il tremore
delle funi scosse,
del nero mare i bramiti
ed il ruggire dei miei cannoni.”
“E del tuono
al suon violento,
e del vento
al ribramire
io dormo,
tranquillo,
cullato
dal mare.”
Ovviamente, sono un politico e mi piace comparare le virtù di un pirata con i più alti circoli di dirigenti imperiali a Washington.
Nessuno ha avuto per Dio la libertà, ne ha scacciato il giogo della schiavitù, ne ha mai pensato di ripartire “quanto preso in parti uguali”.
Te lo racconto perché lo racconti.
Fraternamente,
Fidel Castro Ruz
19 luglio del 2010

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