Il caso Spotlight (USA, Canada 2015) Titolo originale: Spotlight Regia: Tom McCarthy Sceneggiatura: Josh Singer, Tom McCarthy Cast: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, John Slattery, Liev Schreiber, Brian d'Arcy James, Stanley Tucci, Billy Crudup, Paul Guilfoyle Genere: giornalistico Se ti piace guarda anche: The Newsroom, Tutti gli uomini del presidente, Quinto potere, Insider - Dietro la verità
Ci sono cose che tutti sanno, ma che tutti fanno finta di non vedere. Una certa vecchia signora a strisce bianche e nere riceveva favori arbitrali, per dirne una. Tutti sapevano eppure, prima di Moggiopoli, nessuno aveva mai fatto niente in proposito. Un altro caso è quello dei preti sporcaccioni, che allungano le mani su poveri bimbetti innocenti, tra una messa, un catechismo, una confessione e un agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A me personalmente non è mai successo, ma c'è da dire che non ho mai frequentato la Chiesa più di tanto. O sarà che non ero il loro tipo, che sfiga!
Quello dei preti pedofili è un “rumor” che circola da parecchio tempo. Da che mondo è mondo e da che la Chiesa è stata fondata. Qualcuno però ha mai fatto qualcosa al riguardo? No. Troppo potente la Chiesa. Troppa resistenza e omertà a parlare. Troppa vergogna, anche. Se un prete vi ha infilato un crocifisso su per il sederino, non è una cosa che andate a raccontare in giro tanto volentieri. Anche se sapete che è una cosa che va denunciata. Anche se sapete che la vostra parola potrebbe aiutare a fermare questi abusi. Non è facile parlare di qualcosa del genere.
Non è facile affrontare in maniera efficace un argomento come quello dei preti pedofili. Ci vuole del coraggio. Quello che hanno avuto i giornalisti del cosiddetto “Spotlight”, un team del The Boston Globe che si occupa di inchieste giornalistiche approfondite su temi scottanti. E quale tema è più scottante di quello dei preti pedofili?
"Un sacco di preti sono pedofili?
No, ma che davvero?"
"OMG! Davvero incredibile!"
Siamo a cavallo tra il 2001 e il 2002 e sulla questione in pochi si sono espressi pubblicamente. Tutti sanno, ma nessuno parla e nessuno ne scrive. Fino alla partenza dell'indagine del #TeamSpotlight, che scoperchia il vaso di Pandora, trovandovi dentro tante cosette interessanti e soprattutto inquietanti, e andando ad attirarsi l'ostilità della Chiesa. Peccato che questa ostilità, che avrebbe potuto portare a una notevole tensione thriller, nella pellicola non si manifesti quasi per niente. Peccato inoltre che l'elemento inquietante non sia rappresentato a dovere. Certo, i racconti delle vittime dei casi di molestie sessuali fanno indignare, eppure avrebbero potuto trovare un'espressione visiva ben più potente. Avrebbero potuto far venire i brividi. Il caso Spotlight preferisce invece andare dritto per la propria strada, senza prendere sentieri troppo thriller o troppo angoscianti, e dall'inizio alla fine è una pellicola di investigazione giornalistica molto - troppo? - anni '70. Il caso raccontato è molto interessante, però manca un vero e più forte coinvolgimento emotivo. Si fa il tifo per il benedetto #TeamSpotlight contro il diabolico #TeamPretiPedofili, ma si vorrebbe sapere di più sui membri di questo #TeamSpotlight.
Gli attori sono tutti magnifici, uno più dell'altro. A spiccare sono soprattutto una Rachel McAdams che ancora una volta, senza trucco e senza inganno, così come in True Detective 2 conferma di essere una delle migliori attrici oggi in circolazione. Bravissimo pure Mark Ruffalo, che riesce a caratterizzare il suo personaggio attraverso alcuni tic e movimenti del corpo. Grandi poi anche attori “telefilmici” come John Slattery di Mad Men e Liev Schreiber di Ray Donovan (dove peraltro viene affrontato il tema dei preti pedofili), più un Michael Keaton che da Birdman in poi sembra sia stato colpito dalla “Sindrome di Matthew McConaughey”: ovvero è passato dall'essere un attore così così al diventare bravo per davvero.
"Rachel, come avrei voluto fare le maialate con te in Le pagine delle nostra vita, anziché girare un film sui preti maialoni."
Attori magnifici, solo che non bastano per farci entrare davvero nella vita dei loro personaggi. Verso la fine della pellicola Rachel McAdams ha un dialogo con un altro membro del #TeamSpotlight, quello nei cui panni troviamo l'interprete meno noto del lotto, Brian d'Arcy James che, d'altra parte, con un nome del genere non può pretendere di diventare famoso. Trovarsi un nome d'arte efficace, no?
"Brian, adesso lo dice pure 'sto sito: e trovati un nome d'arte!"
Comunque dicevo del loro dialogo. Lui racconta che ha finalmente iniziato a lavorare a qualcosa di distante dalla loro inchiesta e sta scrivendo un libro, un libro horror. Non è che si tratti di un dialogo fenomenale o chissà cosa, però aiuta a connettersi con un personaggio di cui fino a quel momento si era saputo poco o niente. Solo che ormai è troppo tardi. Andiamo a conoscere quel personaggio dopo 2 ore di film?
Capisco che Il caso Spotlight abbia voluto concentrarsi in maniera rigorosa soprattutto sull'indagine giornalistica, però si poteva parlare in maniera migliore del #TeamSpotlight e questa scena sul finale non fa che aumentare il rammarico per quello che sarebbe potuto essere un film notevole, davvero degno di sei nomination all'Oscar, e invece è solo una visione che si lascia seguire con interesse, ma non riesce mai a far entrare del tutto al suo interno. Colpa di una regia troppo piatta e di una sceneggiatura priva delle trovate ad esempio di La grande scommessa o della brillantezza dei dialoghi di una serie giornalistica come The Newsroom, che costringono la pellicola a reggersi solo sugli ottimi attori e sulla vicenda che racconta. Il suo problema non è il cosa racconta, ma il come lo racconta.
Non è facile affrontare in maniera efficace un argomento come quello dei preti pedofili. Ci vuole del coraggio. Quello che i giornalisti del cosiddetto “Spotlight” hanno avuto. Quello che gli autori della pellicola hanno avuto solo in parte. (voto 6,5/10)