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Teaser Tuesday #31

Creato il 08 aprile 2014 da Valeria Polverino @missvalesbooks
Teaser Tuesday #31
Buonasera Booklovers!Tra i miei mille impegni quotidiani uno dei più importanti è senza dubbio il mio blog. Mi rendo conto che fino a qualche mese fa ero un po' più assidua, soprattutto nella promozione dei vari post sui vari canali social. Come però ben sapete (o almeno avrete intuito) gli ultimi quattro mesi li ho trascorsi da nomade, fuori casa quasi 12 ore al giorno! Ancora qualche giorno di pazienza e la mia vita tornerà ad essere quasi normale!
Teaser Tuesday #31
Come ogni Martedì si rinnova l'appuntamento con la rubrica Teaser Tuesday, un modo simpatico per condividere con voi Booklovers le letture del momento. Vi ricordo che l'ideatrice di questo gioco è la blogger canadese MizB autrice di Should be reading. Questa settimana ho scelto per voi un estratto dal libro Un giorno, forse di Lauren Graham. Buona lettura!
Teaser Tuesday #31
La scena con Casey era andata piuttosto bene. Avevo interpretato un’avvocatessa che con un serrato interrogatorio le aveva fatto confessare un omicidio, fra le lacrime, naturalmente. Mentre i macchinisti portavano via il tavolo e le sedie, avevo usato i pochi minuti a disposizione per cambiarmi e mettermi i vestiti di scena per il monologo successivo, dietro le quinte. Non so cosa avessi in mente.

  Be’, in realtà lo so benissimo. La mia protagonista aveva appena fatto sesso con il suo capo, quindi indossava una vestaglia e sotto era nuda. Cioè, avevo la biancheria indosso, ma solo quella, niente body o sottoveste, in modo da provare sulla pelle quella sensazione di… cosa? Vulnerabilità, immagino. Non lo saprà nessuno, avevo pensato. Sarebbe stato il mio segreto, un segreto tra me e me che speravo mi concedesse un piccolo vantaggio sugli altri.  Ma poi qualcosa era andato storto.  Chi cade sul palco con indosso una vestaglia?  Perché? Perché? Perché? Perché?  Il monologo filava liscio, o almeno così credevo. Ora non so più niente. Il pubblico rideva alle mie battute, ma probabilmente questo mi aveva disorientata. Le risate mi avevano fatto perdere il ritmo, costringendomi ad aspettare che si placassero, prima di continuare. Eppure stava andando bene, almeno finché non avevo deciso di sedermi. Era così buio, lassù. E avevo i riflettori negli occhi. Era come il sogno che faccio sempre, quello in cui sono sul palco, pietrificata, senza sapere bene che ruolo interpretare, così nervosa da non riuscire nemmeno a parlare.  Ma non avrebbe dovuto essere così complicato trovare l’unico pezzo di arredamento su un palco completamente spoglio. Una sedia: dovevo soltanto sedermi su una sedia, che ci voleva. Quello era stato il primo errore. La mia protagonista non avrebbe dovuto mettersi comoda: era troppo agitata, era appena andata a letto col suo capo… Perché avevo deciso che doveva sedersi? Se solo… No, non ci pensare.  E poi l’avevo mancata. Per un soffio. Mentre mi abbassavo, avevo capito che non stavo centrando la sedia, ma credevo di farcela. Ne ero certa.  Forse era stato per via della vestaglia di seta di Jane, così scivolosa: molto più scivolosa dell’accappatoio di spugna che avevo usato durante le prove. Ero così contenta quando me l’aveva prestata: era esattamente il tipo di indumento sexy che indosseresti se pensassi di andare a letto col tuo capo, e avevo pensato che quei fiori azzurri e bianchi mi avrebbero fatto risaltare, sul palcoscenico. Non avrei mai dovuto prenderla in prestito. Se solo fossi rimasta fedele al mio accappatoio di spugna, non sarebbe successo niente di tutto questo.  Con mio enorme terrore, la vestaglia si era sollevata, mentre scivolavo a terra, spalancandosi come se fossi appena passata sopra una grata della metropolitana.  Era impossibile che nessuno tra il pubblico avesse visto il mio…  Non ci pensare, ho detto!  E poi cos’era successo? Penso di aver detto qualcosa, dopo essere caduta sul pavimento ed essermi affrettata a coprirmi con i lembi della vestaglia. Era seguito un imbarazzante momento di silenzio, in cui ero rimasta pietrificata e il pubblico tratteneva il fiato nell’attesa che parlassi.  E io cosa avevo detto?  Ah, giusto.  «Da dove arriva, questa?»  Oh, no, l’avevo davvero detto?  Sì. Non so perché. Non aveva alcun senso.  Da dove arriva questa?  Che idiota! Non mi era venuto in mente nient’altro.  Però gli spettatori ridevano. Almeno credo. O forse erano soltanto trasaliti. No, stavano decisamente sbellicandosi, erano trasaliti quando ero caduta. Per il disgusto di quello che erano stati costretti a vedere, o semplicemente preoccupati per la mia incolumità? Non mi ricordo. E ormai non importa. Comunque fosse, avevo rovinato tutto.


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