Ecco le regoline!
- Prendi il libro che stai leggendo in una pagina a caso;
- Condividi un breve spezzone di quella pagina ("Teaser")
- Attento a non fare spoiler!
- Riporta anche il titolo e l'autore così che i tuoi lettori possano aggiungere il libro alla loro wishlist se sono rimasti colpiti dall'estratto.
Andiamo un po' a vedere cosa ho scovato io oggi!Oggi un estratto da "Il tuo meraviglioso silenzio" di Katjia Millay , che sto letteralmente adorando con ogni centimetro del mio essere!
Non sono ancora pronta ad andarmene. Se devo sentirmi rifiutata, voglio essere umiliata fino in fondo. Spero tanto che lasci perdere quella stupida sega e mi dica qualcosa, ma non sembra andare particolarmente di fretta. Con la coda dell’occhio, davanti alla porta laterale dove finisce il bancone, intravedo la sedia a cui l’ho visto lavorare la settimana scorsa. La riconosco dalle gambe, dalle decorazioni che ha inciso minuziosamente su tutte e quattro. Deve averla finita in settimana, e mi domando se l’abbia realizzata su ordinazione o solo per sé. È bellissima, e ogni volta che vedo qualcosa fatto da lui, lo odio un po’ di più. La mia invidia è un essere animato. Si muove, muta, cresce. Come la mia rabbia e il rimpianto di mia madre.
Passo le mani lungo l’arcata dello schienale e m’inginocchio a esaminarne le gambe. I braccioli sono ampi e ricurvi, in linea con la curvatura dello schienale. Mi domando se abbia già iniziato a farne un’altra, perché l’ideale sarebbe averne una coppia. Le mie dita stanno ancora scendendo lungo il lato opposto e, senza rifletterci, mi ci ritrovo seduta sopra, ed è a questo punto che resto colpita dalla perfezione assoluta dell’insieme. Perché questa sedia non è fatta per essere comoda, ma potrei decidere di non alzarmi più. Le braccia sono distese lungo i lati, mi appoggio contro lo schienale, alzo gli occhi e scopro che Josh mi sta guardando. È inquietante il modo in cui mi fissa, per quanto possa essermi abituata alla sua presenza, e quasi mi dispiace che sia così terribilmente attraente, perché è ancora più difficile per me distogliere lo sguardo.
L’espressione sul suo volto è quasi di ansia, ma ha anche un che di malizioso. È lo stesso tipo di sguardo che aveva Clay quando mi ha mostrato il mio ritratto. È in attesa di una mia reazione, del mio consenso. Abbasso gli occhi sulla sedia su cui sono appoggiata e poi li rialzo, ma lui non mi sta più guardando. È di nuovo lì che aggiusta la sega come se ogni cosa fosse ritornata normale, e a quel punto mi è tutto chiaro. Ha fatto in modo di non lasciarmi posto sul bancone per essere sicuro che io notassi la sedia. Perché questa sedia era per me.
Il pensiero è sufficiente a farmi sollevare all’istante. Lui alza lo sguardo, infastidito dal mio movimento improvviso, e per un attimo restiamo a fissarci. Devo sembrare un animale impazzito, pronto a schizzare via come la prima notte che sono entrata qui. Potrei dire quello che sto pensando, ma non serve. Lui lo sa già.
«È solo una sedia.» Tenta di farmi allontanare dal precipizio.
«Non posso accettarla.» Tento di fargli capire che è assurdo avermela data.
«Perché no?»
«Dovresti venderla.»
«Non ne ho bisogno.»
«Mi rifiuto di accettarla. Dalla a qualcun altro.»
«Hai bisogno di un posto dove sederti. Sono stanco di vederti spostare ogni cosa e di averti tra i piedi quando lavoro. Ora hai un posto tuo. Quindi siediti.» Mi indica la sedia con un cenno del capo e io mi siedo, e la trovo ancora più comoda di quanto non lo fosse pochi istanti fa. Lui si sporge su di me e appoggia le mani sulle mie sopra i braccioli e mi guarda dritto negli occhi, cosa che mi fa sentire piccola piccola.
«È solo una sedia. Smettila di leggerci chissà cosa. Non la vendo e non la darò ad altri. L’ho fatta per te. È tua.» Si spinge via e si raddrizza. Quando le sue mani si staccano dalle mie, mi rendo conto che è la prima volta in assoluto che mi tocca, e vorrei che le rimettesse dov’erano. «E comunque, c’è già il tuo nome scritto sopra.»
«Dove?»
«Guarda sotto. Volevo inciderlo sul retro, dove si vedesse, ma non funzionava.»
Scivolo giù dalla sedia e mi chino il più possibile così da poter ruotare la testa e capire a cosa si riferisce. E così è, non c’è che dire. Lì, sotto la seduta, c’è inciso un sole.
Improvvisamente capisco cosa mi ha dato, e non è una sedia. È un invito, un benvenuto, la consapevolezza che sono ben accetta qui. Non mi ha regalato un posto dove sedermi. Ma un posto dove sentirmi a casa.
Pagina 330
ASPETTO I VOSTRI TEASER!