Il Teatro Duse è uno dei più antichi di Bologna. Per tradizione, il teatro di prosa della città. Nell’edificio che lo ospita, il Palazzo del Giglio di via Cartoleria, era attivo già dalla metà del XVII secolo il teatrino San Saverio utilizzato per le recite scolastiche di un collegio gesuita. Nel 1822 l’ingegnere Antonio Brunetti rilevò la sala, che prese appunto il nome di Teatro Brunetti. Inizialmente, la sua attività fu circoscritta agli spettacoli di burattini e alle esibizioni circensi. Alla morte del proprietario però i nipoti decisero di operare una profonda ristrutturazione per ammodernare la struttura. Nel 1865 venne dunque inaugurata una nuova sala con due ordini di gallerie e un loggione, provvista di illuminazione a gas, che fu un’autentica novità per l’epoca. Il Teatro Brunetti, con un programma di prosa, opera, operetta e concerti, divenne così ben presto uno dei più importanti della città, tanto da ospitare addirittura il re Umberto I con la consorte Margherita nel 1878 e due spettacoli di Sarah Bernhardt. Un nuovo cambio di proprietà, avvenuto nel 1898, fece sì che il teatro cambiasse ancora una volta nome. Venne infatti chiamato Teatro Duse, in onore di Eleonora Duse, la più grande attrice italiana dell’epoca, apprezzata al punto da avere addirittura un teatro intitolato a suo nome mentre era ancora viva: nel 1898 la Duse aveva solo quarant’anni, ed era in piena attività. Il teatro venne ancora ristrutturato nel 1904, e di nuovo negli anni quaranta, quando assunse l’aspetto attuale.
L’ultimo intervento di restauro risale al 2003. Dal 1963 al 2010 è stato gestito dall’Ente Teatrale Italiano (E.T.I.), fino a che il Decreto Legge n.78 del 31 maggio 2010 lo ha soppresso, delegandone alcuni compiti al MiBAC, Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Dopo l’esperienza meritoria di Guido Ferrarini che, a prezzo di grandi sforzi ed impegno, è riuscito, con la sua compagnia, a far vivere il teatro nella stagione 2010/2011, scongiurandone la chiusura, l’estate 2011 ha portato grandi novità e, dunque, la vera rinascita della struttura che è stata acquisita da un pool di sei imprenditori da anni attivi nel panorama teatrale italiano (Stefano Degli Esposti, responsabile di Dems Teatro S.r.l., società proprietaria del teatro; Livia Amabilino, presidente de La Contrada – Teatro stabile di Trieste; Berto Gavioli, direttore del teatro Michelangelo di Modena; Walter Mramor, direttore di a·ArtistiAssociati – impresa di produzione teatrale; Giovanni e Filippo Vernassa, December Sevens Duemila S.r.l., società che gestisce il Teatro EuropAuditorium di Bologna), il cui coraggio consente al Teatro Duse di riaprire e di proporre una stagione teatrale di grande qualità. Dal loro incontro è nato dunque un progetto ambizioso che si basa su solide premesse, che garantiscono una direzione del Duse in sintonia con la sua tradizione, grazie alle capacità imprenditoriali, organizzative e artistiche di queste realtà a gestione privata consolidate del teatro italiano. Un progetto manageriale che si pone nuovi traguardi nell’arricchimento della proposta artistica, mantenendo elementi di continuità con la gestione passata, potenziati da uno sguardo verso il futuro con un’attenzione particolare al nuovo pubblico. Con l’obiettivo di dare voce ai molteplici linguaggi e alle diverse tendenze del teatro italiano e di consolidare l’identità teatrale, già forte, del Teatro Duse di Bologna, la nuova gestione propone una programmazione ricca ed eterogenea.
22 spettacoli tra prosa classica, spettacoli di impegno civile e di drammaturgia contemporanea, commedie e spettacoli musicali, operette e appuntamenti con la danza sia classica che moderna, che vedranno in scena le più grandi star nazionali ed internazionali. Per l’occasione abbiamo avuto modo di fare un’interessante chiacchierata con Walter Mramor le cui dichiarazioni possiamo così sinteticamente riprodurre. «Il progetto per la rinascita del Duse mi è sembrato da subito un’opportunità da non perdere. La sfida è stata quella di concentrare le forze per la salvezza di un patrimonio inestimabile, uno dei teatri storici simbolo della cultura italiana. Nonostante tutti i rischi che ciò portava con sé, ho creduto fin da subito che non fosse il momento di tirarsi indietro. L’avvio dei lavori è stato esaltante: un gruppo di persone che già si conoscevano e si stimavano a vicenda, riunite attorno ad un tavolo, hanno condiviso idee e soluzioni tutte rivolte a quest’unico scopo. L’entusiasmo era palpabile. E mano a mano che il progetto prendeva forma ci siamo resi conto che stavamo facendo la cosa giusta. Sono convinto che proprio in un periodo storico di grandi incertezze, come quello che stiamo vivendo, sia necessario abbandonare le esitazioni e affrontare scelte coraggiose che infondano fiducia e trasmettano ottimismo nel futuro. Il Duse rinato si presenta come un teatro sincero, aperto alla città con la quale ristabilisce un dialogo necessario e vitale. Mi auguro possa confermarsi punto di riferimento culturale per la comunità, possa coinvolgere gli affezionati che ne conoscono già l’atmosfera ospitale ed incuriosire chi vi si avvicina per la prima volta». Di seguito, infine, l’intervista che ci ha cortesemente rilasciato Livia Amabilino.
Cosa l’ha spinta ad entrare nel progetto relativo alla rinascita del Duse?
«La Contrada – Teatro stabile di Trieste è stata contattata da a·ArtistiAssociati e dal proprietario del Teatro per esplorare la possibilità di gestire il Duse. Sono stata immediatamente coinvolta ed entusiasta del progetto perché è uno dei teatri storici più importanti d’Italia e di assoluto prestigio. La nostra vocazione è creare progetti di spettacolo dal vivo e questa opportunità ci sembrava molto interessante, così come il valore dei soci che sono entrati in seguito».
In un momento di profonda crisi economica e di contrazione dei consumi, non pensate che sia stata una mossa molto coraggiosa, forse anche temeraria, quella di dare il la ad un progetto così composito ed innovativo?
«È vero, ci abbiamo pensato molto, in effetti c’è un rischio elevato, ma è proprio in questi momenti di crisi generale che non ci si può permettere di stare fermi e bisogna osare. “Cum grano salis” però!».
Dopo l’esperienza dolorosa di E.T.I. perché e come pensate che il privato possa dare quelle risposte, anche in tema di redditività, che la gestione pubblica non è riuscita a garantire?
«Io non credo sia questione di gestione pubblica o privata. Ritengo che solo una sia la gestione corretta, quella che ottimizza le risorse per raggiungere un fine che coniughi virtuosamente degli obiettivi culturali e una sana gestione economica. In generale, è utopistico credere che le imprese culturali, a parte forse le multinazionali del “divertimento”, possano reggere economicamente senza un sostegno pubblico, che non vuol dire sempre contributi, ma anche agevolazioni, defiscalizzazioni, convenzioni, appalti, progetti condivisi».
Quali sono i progetti nel cassetto nel breve e nel medio-lungo termine per riportare il Duse al suo ruolo di teatro di riferimento per la cultura della città?
«Il nostro progetto ora è ricreare il pubblico! Coinvolto, partecipe, possibilmente entusiasta».
Il teatro oggi, cosa rappresenta e di cosa pensiate che abbia bisogno per andare incontro ai mutati ed attuali gusti dell’uomo del terzo millennio?
«Il teatro è molto antico, si è modificato nei secoli ma è rimasto sempre vivo. In generale, credo che esistano risposte diverse a pubblici diversi, molteplici generi tutti validi e non criticabili a prescindere. La prosa classica, lo spettacolo musicale, il teatro di narrazione, il teatro civile, il teatro per l’infanzia e la gioventù, il musical, la danza classica e moderna troveranno spazio al Duse, per formare uno spettatore “open minded” come dicono gli inglesi».
Il rapporto diretto tra attore e pubblico che solo il teatro riesce a restituire nella sua compiutezza è ancora patrimonio e bisogno ineludibile, su cosa pensate di puntare per salvaguardarlo e rilanciarlo?
«Valorizzare chi il teatro sa farlo, professionalmente e con onestà. Ecco, penso che il pubblico senta immediatamente se quello che vede è “autentico”».
Nell’era di internet le nuove generazioni vivono costantemente collegate a cellulari e social network. In che modo pensate che si possano attrarre i giovani per fargli vivere il teatro proponendo una realtà “vera” che interagisca con quella “virtuale” ormai abituale?
«Credo che i giovani conoscano bene la differenza tra realtà virtuale e realtà vera, il problema è forse la difficoltà di comprendere un’arte che ha le sue regole, i suoi codici e le sue “lentezze”. Forse quello che manca alle nuove generazioni è la capacità di concentrazione, di sentire il silenzio. Noi al Duse risponderemo a queste difficoltà su più fronti. Per esempio, offrendo spettacoli di grande notorietà come STOMP, che sprigionano enorme energia e attirano il pubblico giovane, e il teatro civile che attraverso percorsi più impegnati faccia riflettere sul mondo contemporaneo. In generale, favorendo la frequentazione di spettacoli adatti a ogni età anche attraverso speciali agevolazioni».
Il teatro “classico”, da sempre uno dei punti saldi della programmazione del Duse, avrà ancora una parte di rilievo nella Vostra proposta o pensate invece che, stante i mutati gusti del pubblico, in futuro si cercherà di orientarsi verso forme di intrattenimento più “facile”?
«Il teatro classico, e con questo intenderei il teatro della grande tradizione, a differenza di quanto si crede, attira ancora un pubblico convinto, se però è proposto in modo che “parli” al mondo di oggi. Quindi ritengo avrà uno spazio ben definito al Teatro Duse».
Il teatro e la scuola, come potranno in futuro interagire questi due mondi apparentemente lontani, ma assolutamente collegati, visto che lo studente di oggi è il potenziale spettatore del domani?
«Il Teatro Duse intende avviare immediatamente contatti con le scuole di ogni ordine e grado, per favorire la partecipazione e conoscere gli insegnanti che hanno un ruolo fondamentale di mediazione tra noi e gli studenti, giustamente indicati come il pubblico di domani».
Ci può illustrare brevemente la stagione appena cominciata e, magari, le motivazioni di certe scelte artistiche?
«La stagione di quest’anno vuole offrire una panoramica di quello che c’è di meglio a livello nazionale, spaziando come si è detto tra diversi generi, tradizionalmente presenti al Duse, ma anche nuovi quale la danza, gli spettacoli musicali e quelli per famiglie».
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Duse di Bologna