L’ho vista su un palco in legno. Camminava sulle assi di “Sei personaggi in cerca d’autore”. Aleggiava tra le gallerie che abbracciano la platea. Saliva le traballanti scale che congiungono il pubblico alle maestranze. Si posava sulle poltrone rosse di un’antichità smarrita. La bellezza era lì, tra le quinte che ospitavano l’entrata in scena, l’inizio della creazione. Era nelle gambe incrociate dello sceneggiatore di turno che da terra osservava i suoi personaggi uscire dal copione. Era tra i consigli di drammaturgia dei protagonisti di “Rabbia”, fucina di lavoro, un “ensamble” di artisti che da un anno costruiscono pièce, modulano voci, forgiano movimenti.
Era lì già prima che il 14 giugno 2011 il Teatro Valle venisse occupato da artisti ed attivisti a seguito della chiusura dell’Ente Teatrale Italiano. Proprio per evitare che anch’essa fosse privatizzata, si è dato inizio ad una esperienza di gestione comune, concretizzatasi in un “percorso di elaborazione giuridica che ha generato un sistema di alleanze forte intorno all’idea e alla pratica dei beni comuni“.
Tra “serate flusso” di brevi contributi artistici, assemblee pubbliche, prove aperte, il metateatro ha fatto scendere il palco tra gli spettatori, ha promosso il confronto, ha reso sociale l’arte.
Non si gridi alle bandiere rosse. Né occupazione è usurpazione. Per dialogare con le Istituzioni di riferimento, nel 2013 è stata creata la Fondazione Teatro Valle bene comune. Le proposte avanzate sono rimaste negli uffici dell’Assessorato alla cultura del Comune di Roma. Nemo propheta in patria: la Fondazione vince il premio Euro-Med Award for the Dialogue nel 2012 e il Princess Margriet Award nel 2014 per essere, nell’ondata di “misure di austerità e privatizzazione che minacciano la sostenibilità di istituzioni culturali il cui fiorire è cruciale per la vita artistica e di comunità”, una forma di “azione collettiva basate sulla responsabilità condivisa”.
Che la riappropriazione dell’arte sia stata solo una bella esperienza è escluso dagli attivisti che il 28 luglio sono stati destinatari dell’ultimatum da parte del Comune di Roma. L’ “immediata consegna del Teatro Valle alla Soprintendenza Nazionale per i necessari improcrastinabili lavori di messa a norma” arriva a ripristinare la legalità che si è detta violata, senza concrete proposte di collaborazione e trasparenza con chi ha fatto del Valle la concretizzazione di un ideale culturale, non sacrificabile sull’altare della spending review.
Gli occupanti, a questa sbrigativa liquidazione di un autoreferenziale monopolio dei beni comuni, hanno confermato la “piena disponibilità ad avviare da subito un momento di transizione che porti all’uscita dall’attuale stato di occupazione”, ma coerentemente all’ “apertura di un percorso pubblico per il conseguimento di un nuovo modello partecipato che raccolga le sperimentazioni elaborate nel corso di questi tre anni”. Dalle parole ai fatti: resistenza artistica, “dal 32 luglio e oltre”, fino al 10 agosto per incontri con l’Assessorato e il Teatro di Roma per la Convenzione proposta.
Claudio Abbado diceva che la cultura è un “bene comune e primario, come l’acqua: i teatri, le biblioteche, i musei, i cinema sono come tanti acquedotti”. Salvare il Teatro Valle non è “problema loro”. Non si tratta di privatizzare quell’acqua, ma di dimenticare l’importanza di berla. Non è necessario chiamarsi Stefano Rodotà o Salvatore Settis per sostenere un’idea. Di seguito l’indirizzo per firmare l’appello internazionale da presentare al Sindaco di Roma Marino e all’Assessore alla cultura Marinelli:
L’ho vista. Sembrava confusa davanti a chi, elogiandola, la strappava da quelle poltroncine rosse. Posso dire di averla conosciuta, la bellezza. Per questo non posso rinnegarla.
IL DIRETTORE DI SCENA: Oh! Che fai?
IL MACCHINISTA: Che faccio? Inchiodo.
IL DIRETTORE DI SCENA: A quest’ora?
Guarderà l’orologio
Sono già le dieci e mezzo. A momenti sarà qui il Direttore per la prova.
IL MACCHINISTA: Ma dico, dovrò avere anch’io il mio tempo per lavorare!
IL DIRETTORE DI SCENA: L’avrai, ma non ora.
IL MACCHINISTA: E quando?
IL DIRETTORE DI SCENA: Quando non sarà più l’ora della prova. Su, su, pòrtati via tutto, e lasciami disporre la scena per il secondo atto del Giuoco delle parti.
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.
Di Sabrina Cicala.