Ricondurre alla scala architettonica le più aggiornate tecnologie digitali introduce un palinsesto di nuovi scenari progettuali: le tecnologie digitali di stampa 3D [nota 1] rappresentan, per esempio, un ambito di sperimentazione le cui ricadute potrebbero comportare un passaggio al digitale di gran parte del processo di messa in opera dei sistemi costruttivi, con particolare riferimento alla componentistica degli edifici.
Attualmente l’ambito applicativo delle tecnologie digitali di stampa 3D ha definito – sulla base di modelli matematici avanzati – la possibilità di impiegare le forme libere in architettura [nota 2]. Nel 2008 a Londra si è realizzato con questa morfologia il primo prototipo [nota 3] di dimensione paragonabile a quella di un’opera edilizia, costituito da un materiale composito biocompatibile le cui caratteristiche sono associabili a quelle della pietra dolomia. Il sistema sviluppato è in fase di ulteriore studio per l’ottimizzazione tecnica di alcune sezioni critiche negli elementi di chiusura verticale, all’interno dei quali sarà previsto l’inserimento di componenti di irrigidimento strutturale.
Fig. 1. La stampante D-Shape: una struttura in alluminio composta da 4 colonne che sollevano, a passi di 5 millimetri, un piano che sostiene un dispositivo spandi sabbia e una testa di stampa di legante. L’attuale velocità di stampa è di circa 50 mm all’ora, con una risoluzione di 6 dpi (foto per gentile concessione di Enrico Dini)
Esistono ulteriori esempi [nota 4] – ancora in corso di affinamento in previsione di un’applicazione futura nell’ambito delle abitazioni sostenibili a basso impatto ambientale e a costi contenuti – basati sul funzionamento delle stampanti tridimensionali e composti da un estrusore regolato per depositare strati sovrapposti di un impasto di argilla, sabbia e fibre che, una volta indurito, definisce la struttura della costruzione.
Fig. 2. Radiolaria, una struttura monolitica a forme libere disegnata dall’architetto Andrea Morgante – Shiro Studio – e stampata in 3D nel 2008 a Londra in collaborazione con Dinitech (foto per gentile concessione di Shiro Studio)
La ricerca ha inoltre dimostrato la possibilità di stampare in 3D edifici multipiano [nota 5], assemblati in opera, formati da layer di una miscela di scarti di lavorazioni di cantiere – tra cui acciaio e fibra di vetro – su una base di cemento ad asciugatura rapida e specifici agenti di indurimento.
Fig. 3. Parete verticale realizzata nel 2014 con la stampante 3D BigDelta WASP in occasione dell’evento Maker Faire di Roma (foto per gentile concessione di Wasproject)
Da quanto emerso, si ritiene che i caratteri della Smart City [nota 6] possano trovare una declinazione nelle tecniche fino ad ora accennate che allo stato attuale sono solo – benché efficientemente – applicate alle filiere del design e allo sviluppo del prodotto industriale. Le strategie di intervento potranno considerare come punti di forza la velocità di esecuzione degli elementi tecnologici costituenti gli edifici, il contenimento dei costi e l’impiego di materiali alternativi, formulati in modo da sostenere il cambio di scala atteso del prodotto finale ovvero dall’oggetto di design al progetto di architettura.
Fig. 4. Estrusore della stampante BigDelta WASP, calibrato per depositare strati sovrapposti di un impasto a base di argilla che, una volta indurito, costituisce la struttura dell’edificio (foto per gentile concessione di Wasproject)
L’articolo è della Dott.ssa Sara Codarin, del Centro Ricerche Architettura>Energia, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara. La versione completa di questo testo verrà pubblicato sul numero 1-2/2016 di L’Ufficio Tecnico, di prossima uscita.
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Note
[1] La tecnologia di stampa 3D viene definita dalla possibilità di creare oggetti tridimensionali a partire dal dato digitale, tramite un processo additivo (strati sovrapposti). La modellazione virtuale è ottenuta da sistemi CAD o dal rilievo con scanner 3D che restituiscono le coordinate spaziali dell’oggetto. La prima stampante 3D è stata brevettata presso i laboratori di ricerca del MIT nel 1952. Attualmente il cosiddetto “artigianato digitale” è diffuso a scala globale. Si veda: www.innovazioneresponsabile.it/sites/default/files/20110910sabato/1-LItalia-degli-innovatori/slide/Enrico_dini.pdf (online: 10/08/2015).
[2] L’ideatore della stampa tridimensionale di prototipi a forme libere è Enrico Dini, ingegnere italiano fondatore dell’azienda Dinitech e inventore di D-Shape, una stampante 3D che impiega un impasto biocompatibile di sabbia e fibre per creare oggetti dalle caratteristiche chimico-fisiche riconducibili a quelle delle rocce sedimentarie.
[3] L’architetto Andrea Morgante (Shiro Studio, Londra) ha collaborato con Dinitech per la realizzazione della struttura di Radiolaria, ispirata ai lineamenti di un organismo monocellulare. Si veda: www.shiro-studio.com/radiolaria.php (online: 15/08/2015).
[4] Si veda: www.wasproject.it/w/il-nuovo-estrusore-wasp-verso-la-realizzazione-del-sogno/ (online: 15/08/2015).
[5] Si veda: www.medaarch.com/2015/01/22541/ (online: 27/11/2015).
[6] Si veda: www.ambrosetti.eu/wp-content/uploads/SmartCities_ITA.pdf (online: 30/11/2015).