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Tecnologie e applicazioni di celle solari fotovoltaiche organiche - parte 1

Creato il 20 settembre 2011 da Howtobegreen

Tecnologie e applicazioni di celle solari fotovoltaiche organiche - parte 1

Tesi Green, Estratto del Capitolo 2 - Le quattro generazioni di tecnologie fotovoltaiche: Cella solare a semiconduttore, a film sottile, foto-elettrochimica (cella di Grätzel) e cella solare organica.
Cella solare a semiconduttore
La cella a semiconduttore è la più classica e la più conosciuta tecnologia fotovoltaica. In questo caso tutti i passi necessari per convertire la luce in corrente elettrica si svolgono nella struttura a bande (giunzione p-n) di un singolo cristallo di Silicio semiconduttore. In seguito all’assorbimento di un fotone si crea una coppia elettrone – lacuna che si sposta verso la zona di giunzione. Se il tempo di vita della coppia è sufficientemente alto, una volta arrivata in corrispondenza della giunzione i portatori di carica vengono separati. L’elettrone eccitato viene portato attraverso la regione di tipo n al terminale negativo e la lacuna arriva al terminale positivo attraverso la regione di tipo p (vedi fig. 2.1). Per questo tipo di celle fotovoltaiche è fondamentale che il materiale semiconduttore sia di elevata purezza: le impurità infatti si comportano come zone di ricombinazione delle cariche libere. Il Silicio utilizzato può essere di tipo mono o poli-cristallino, dove quest’ultimo dà i migliori risultati in termini di rendimento. Attualmente il 90% dei moduli fotovoltaici presenti sul mercato sfruttano la tecnologia a semiconduttore. Il vantaggio principale di questa tecnologia resta l’alta efficienza: in laboratorio può arrivare fino al 25%, mentre si ferma al 17-18% per i moduli commerciali.
Cella solare a film sottile - thin film
Allo scopo di ridurre gli elevati costi di produzione della prima generazione di moduli fotovoltaici è stata sviluppata la tecnologia a film sottile (thin film). Queste celle sono basate sul Silicio amorfo, un semiconduttore a banda diretta caratterizzato da un alto coefficiente di assorbimento nello spettro del visibile, così da rendere necessario solo un sottile strato di materiale (meno di 1 μm) per ottenere l’effetto fotovoltaico. Questo permette di depositare il film sottile sul substrato mediante un processo continuo chiamato PECVD (plasma-enhanced chemical vapour deposition), con costi minori dei processi metallurgici usati per la prima generazione; Inoltre il substrato può essere un metallo flessibile oppure un materiale plastico. Sono stati sviluppati sistemi formati da più celle a film sottile poste una sopra all’altra, ognuna realizzata per assorbire determinati intervalli dello spettro del visibile: questo approcio permette un incremento dell’ efficienza. Un altro approccio consiste nell’utilizzare un substrato riflettente, così da creare numerose riflessioni interne al dispositivo e aumentare l’assorbimento di fotoni.
Il maggiore svantaggio per il Silicio amorfo è la bassa efficienza, causata dalla ricombinazione delle cariche nei legami non saturati del materiale amorfo. L’esposizione alla luce aumenta il fenomeno della ricombinazione spontanea, così l’efficienza di un modulo al Silicio amorfo decresce fino ad assestarsi stabilmente dopo le prime 1000 ore di funzionamento (effetto Stäbler-Wronski). Questi inconvenienti possono essere eliminati solamente cambiando il materiale semiconduttore, utilizzando ad esempio il CIS (copper indium diselenide) oppure il CIGS (copper indium gallium diselenide) che permettono di arrivare ad un’efficienza del 16.6%.
Cella solare foto-elettrochimica (cella di Grätzel)
Sebbene la tecnologia a film sottile abbia ridotto notevolmente i costi di produzione, si è ancora distanti dal punto in cui l’energia prodotta tramite moduli fotovoltaici possa essere economicamente competitiva con l’energia prodotta da combustibili fossili. Per raggiungere questo scopo si devono ricercare materiali economici e altrettanto economici metodi di produzione su grandi volumi. Una prima possibile soluzione è stata trovata con le celle foto elettro-chimiche. In questi dispositivi la luce viene assorbita da una molecola di metallo di transizione complesso (dye) legata ad un elettrodo di ossido di Titanio semiconduttore (TiO2, un pigmento bianco molto usato nelle vernici). Questo elettrodo è immerso in un elettrolita liquido.
L’assorbimento di un fotone genera un elettrone che si porta immediatamente nella banda di conduzione del semiconduttore e che quindi attraverso gli elettrodi può raggiungere il circuito esterno.
Il ciclo si conclude con una reazione redox che rimpiazza l’elettrone generato (vedi fig. 2.2). Celle solari di questo tipo possono essere prodotte molto facilmente e sono particolarmente adatte per l’integrazione negli edifici.
Cella solare organica
Uno dei pincipali svantaggi delle celle PEC è la necessità di incapsulamento in un supporto di vetro, quindi rigido. Queste celle rappresentano quindi un passo indietro rispetto alla tecnologia a film sottile, che permette di utilizzare substrati plastici flessibili. Il loro costo, inoltre, resta ancora elevato se comparato con la produzione di energia da combustibili fossili. La risposta più importante alle esigenze del mercato e alle necessità di avere un’energia rinnovabile e “pulita” attualmente è data per quello che riguarda il
fotovoltaico dalle celle solari organiche. Queste celle sono a base di semiconduttori “plastici”, quindi flessibili e leggeri e fabbricabili con processi simili a quelli della stampa ink-jet, con un notevole risparmio sui costi. Queste celle possono essere realizzate in diversi colori, oppure trasparenti, per l’applicazione alle finestre come fossero delle tende. Notevoli investimenti sono stati fatti per la ricerca su questa tecnologia, provocando un rapido incremento delle prestazioni nell’ultimo decennio. Questa tecnologia sarà approfondita nelle pagine successive, considerando prima le tecnologie costruttive e in seguito le possibili applicazioni.

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