"La Grecia ha perduto i suoi piatti spaccati e le sue sigarette Santè" scrive Capossela. Vinicio Capossela ha percorso le strade della Grecia nell'anno del tracollo finanziario e ha incontrato quel che resta dei leggendari rebetes nelle taverne di Atene e Salonicco. Tefteri. Il libro dei conti in sospeso (ilSaggiatore) è il racconto di un viaggio attraverso una Grecia sofferente e fiera, che riscopre il rebetiko come musica della krisis. Una musica dell'assenza, nata dalla rabbia e dalla nostalgia e Tefteri nasce dalla passione dell'autore per la materia del rebetiko. Il Tefteri è l'agenda dove si segna il debito col negoziante: qui diventa un diario di viaggio letterario che mescola musica, economia, politica e poesia.
Il taccuino dove Capossela annota tutto, incontri, dialoghi, persone, impressioni, idee, musiche sentite diventa per noi lettori la guida per rivivere con lui questo lungo viaggio. E così scopriamo che, secondo Capossela, è la musica "rebetika" la strada per la salvezza della Grecia. Uno dei tanti greci incontrati nelle taverne di Atene, Creta e Salonicco gli ha detto: "Praticare il rebetiko oggi è un modo di uscire dal girone delle discoteche, dei club, dal meccanismo che c'è dietro. Dalla pubblicità delle mode giovanili. Trovarsi a casa. Stare nel proprio. Con una musica che parla di te, e non di qualcuno che non conosci nemmeno". In questo libro la bravura di Capossela è quella di riuscire a raccontare il dramma di un paese, entrando nel suo cuore tra affascinanti tradizioni e problemi che lo stanno portando alla deriva. Quello che si configura tra le pagine è un popolo che con le unghie e con i denti sta tentando di recuperare ciò che ha perso. E lo fa stando ben attento a individuare una strada di libertà, contro quanti in nome delle tradizioni e dell'identità sconfinano in un pericoloso nazionalismo, in particolare quello sul quale soffiano i nazisti di Krisi Avghi, Alba Dorata. I grandi rebetes con cui parla Capossela sembrano esserne consapevoli. Gli dice Fivos, a sua volta figlio di un grande rebete: "La musica può essere una forma d'identità. Però attenzione: c'è chi l'identità la cerca a mezzo della musica, chi a mezzo della storia. E allora arrivano i casini. Per esempio, il nazionalismo. Contro l'immigrazione, contro i tedeschi. E la destra estrema sta salendo. Pericolosamente. Il nazionalismo. La pulizia della razza. La Megali Idea. La conosciamo bene. Non furono solo i turchi a fare macellerie".
"A me piace questa musica perché fa male. E perché mi fa sentire vecchio, e poi perché si riceve da seduti al tavolo, come l'eucarestia, e la chiesa è la taverna. E perché è una musica che non invita a essere migliori, ma solo a essere se stessi"
Una Grecia che si trova smarrita dietro locali, figli di una vita nata dalla televisione e lontana dalla realtà culturale della Grecia di un tempo. E allora il rebetiko continua in delle taverne nascoste ricercando quella tradizione e quel sentirsi ancora quello di un tempo. Annota Capossela: "Quale differenza passa tra una taverna e un ristorante? Che nella taverna il cibo fa parte del convivio, quindi quando si mangia si parla e a volte si suona. La musica è qualcosa di cui cibarsi in comune, come le altre cose che vengono servite al tavolo. La taverna è la ristorazione ricca di umanità, povera di prezzo. Ma cos'è che ci fa ricchi e cosa poveri? La ricchezza a volte è ciò che rischia di farti diventare povero. È ricchezza avere l'aria condizionata, avere posti puliti dove stare in silenzio, o è ricchezza avere posti dove c'è anche sporcizia, ma c'è umanità, convivio e c'è musica?".
In questo Tefteri c'è tutto Capossela con tutta la sua cultura musicale, e tutta la scoperta di una musica che sembra diventare parte di sé. A poco a poco svela questa musica, con la sua storia, i suoi musicisti, Vamvakaris, Tsitsanis, Papaioannu, i suoi cantanti, Kazantzidis, Dalaras, i suoi strumenti. "Il buzuki. Il vero buzuki è a tre corde, non a quattro, ha una disposizione delle corde simmetrica. Re-la-re. Di modo che è lo stesso suonarle dall'alto o dal basso. Si suppone che sia uno strumento occidentale, perché ha i capotasti. Ma non lo puoi suonare così. In realtà è un incrocio tra Oriente e Occidente, come la Grecia. È questo il bello, avere due cose. Essere due cose. E di nuovo il dìlima". È in questo modo che questa popolazione sta esorcizzando il dolore e la malinconia per i tempi che sono andati. Un libro da leggere che porterà i lettori a voler fare lo stesso percorso di Capossela, tra taverne e rebetes.
"A me piace questa musica perché fa male", confessa Capossela. "E perché mi fa sentire vecchio, e poi perché si riceve da seduti al tavolo, come l'eucarestia, e la chiesa è la taverna. E perché è una musica che non invita a essere migliori, ma solo a essere se stessi. Per questo è anticonvenzionale. Si ribella a tutto quello che finisce per occultarci a noi stessi. È musica individualista per ribelli senza rivoluzione. È musica verso la quale ho dei conti in sospeso, per questo sono venuto qui".
Fotografie di Federica Zingarino