di Leone Maria Anselmi

Turner, come già enuncia il titolo del bel film di Mike Leigh, può ascriversi al genere biografico, al tentativo (o alla pretesa) cioè di raccontare la parabola di una vita, nel caso specifico una vita d’artista, impresa certo tutt’altro che semplice (il rischio, infatti, è quello di sforare nel documentario o, peggio ancora, nella lezione di storia dell’arte).
Mike Leigh aggira il problema e si concentra sulla vicenda umana dell’uomo William Turner, focalizzando in particolare gli ultimi venticinque anni della sua vita: il rapporto anaffettivo e fallimentare con la moglie e le figlie, la relazione di comodo con la serva governante e quella, negli ultimi anni, con la vedova affittacamere di Margate, un piccolo paesino di pescatori, tra le mete predilette dell’artista.

Numerose, lungo tutto il film le citazioni iconografiche tra interni ed esterni, ma senza patinature e ricostruzioni forzate. Né romantico, né realista (come Courbet andava indicando intorno alla metà del secolo), né impressionista, William Turner è descritto come artista del suo tempo, legato a certi criteri propri della rappresentazione figurativa ma ben consapevole della sua modernità (si veda a tal proposito la scena del Salon, dove le sue tele suscitano in taluni disapprovazione e ilarità). Il film ritrae e rincorre un artista in continuo movimento, inquieto, irrequieto, d’umore instabile, a tratti imperscrutabile. Turner viaggia, prediligendo itinerari personalissimi e poco conosciuti, ritornando a più riprese sui medesimi luoghi. L’osservazione, lo studio dal vero si fa immedesimazione quando arriva a farsi legare all’albero di una nave per saggiare le gelide sferzate di nevischio di un violento temporale. Pacato, silenzioso, misurato in ogni sua azione, Turner era capace talvolta di imprevedibili slanci, financo di ironia e di protagonismo, una personalità sempre divisa tra la ritrosia e il bisogno del consenso sociale; come artista era sì riconosciuto e stimato, ma contava anche numerosi detrattori, specie nelle alte sfere reali, notoriamente più inclini alla tradizionale pittura accademica.
Turner, membro della Royal Academy of the Arts, come molti del suo tempo era anche un assiduo frequentatore di case di piacere (una delle scene più significative del film è infatti ambientata in un bordello, dove la personalità del rude pittore lascia intravedere i lati più teneri e indifesi). Turner (in originale Mr. Turner), presentato in concorso alla 67ª edizione del Festival di Cannes, ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile, per Timothy Spall un riconoscimento doveroso e meritatissimo.
Leone Maria Anselmi

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 22 – Marzo 2015.
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