Eccoci al terzo episodio della Saga “Telemarketing: quali le tecniche di difesa per gli utenti?”
Un tema al quale mi sono particolarmente affezionata.
Non è accanimento, ma curiosità nel seguire gli sviluppi di un processo legislativo e regolamentare con cui mi sono attivamente confrontata lo scorso autunno, nel prestare consulenza ad un’importante società coinvolta nello scandalo del “telemarketing selvaggio”.
Il terzo episodio della Saga vede nuovamente protagonista il Garante Privacy che, all’entrata in vigore della Legge n. 14 del 2009, aveva rassicurato i consumatori sulla futura adozione di misure a salvaguardia della loro privacy.
Per chi non lo sapesse, con quest’intervento normativo, il Legislatore ha autorizzato l’uso per attività di telemarketing, fino al 31 dicembre 2009, dei dati personali presenti nelle banche dati, costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1° agosto 2005.
Questa legge ha suscitato non poco scalpore, considerato che fino a pochi mesi prima il Garante Privacy aveva promosso numerose iniziative ed interventi al fine di contenere il fenomeno delle telefonate indesiderate.
L’opinione era che i poveri utenti potessero essere disturbati unicamente previo consenso ma, a quanto pare, adesso, potranno essere contattati telefonicamente o per posta, per l’acquisto di prodotti o servizi, anche coloro che non hanno dato il loro consenso ed anche chi ha ottenuto la cancellazione dagli elenchi dopo il 2005.
Non saranno felici di questa scelta tutti coloro che, almeno una volta nella vita, allo squillare insistente del telefono, sono usciti di corsa dalla doccia completamente insaponati, per sentire all’altro capo del telefono la signorina di turno che (non sempre gentilmente) cercava di proporre l’acquisto di surgelati, abbonamenti telefonici, lezioni di inglese, vini e chi più ne ha più ne metta.
Per non parlare del telefono che squilla il sabato, esattamente nel momento in cui, seduto a tavola con la famiglia, hai le papille gustative già in azione e la forchetta pronta per affondare in uno succulento filetto in agrodolce, costringendoti a ridestarti da quello stato di grazia, per rifiutare il miliardesimo abbonamento alla pay tv propostoti nell’ultima settimana.
Torniamo seri.
Non voglio esser polemica e d’altra parte ciascuno fa il proprio lavoro.
Ma forse sarebbe il caso che ciascuno lo facesse “bene” quel lavoro, con coscienza e capacità.
Mi rendo conto anche del fatto che la scelta del Legislatore di prorogare la liceità di tali telefonate nasce dall’esigenza di contemperare i numerosi interessi in gioco.
Usciamo dal mondo delle favole e cerchiamo infatti di vedere come sono davvero le cose nella realtà.
La vendita, la pubblicità e le indagini telefoniche rappresentano oggi uno degli strumenti più redditizi adoperati dalle imprese per accrescere il numero di persone raggiunte dai servizi e dalle promozioni di ciascuna azienda e dunque per ampliare la propria fetta di mercato e, ovviamente, gli introiti. Tale ultimo aspetto è particolarmente significativo soprattutto se si considera che i costi sostenuti dalle imprese nello svolgimento di tali attività non sono poi così alti. Elemento che aprirebbe, tra l’altro, una serie infinita di considerazioni: prima fra tutte, la circostanza che i call center delegati dalle aziende alle attività di telemarketing sono per lo più composti da giovani (ma non solo) assolutamente sottopagati.
C’è da dire che il problema del lavoro degli impiegati nei call center, sia pure sotto il profilo prettamente materiale del “posto di lavoro” è stato senza dubbio uno degli elementi presi in considerazione dal Legislatore nella scelta di consentire ancora l’uso di dati personali, ancorché non supportato dal necessario consenso.
Nell’eventualità di una diversa scelta molti call center sarebbero stati chiusi, privando di reddito un numero elevato di persone. Sembra infatti che circa 30.000 siano gli addetti a tali servizi.
Specialmente in un momento di profonda crisi, come quello che stiamo vivendo, una linea troppo restrittiva difficilmente sarebbe stata accolta con favore.
Il contemperamento degli interessi in gioco, a livello sociale ed economico, ma anche spiccatamente politico ha condotto a questa scelta.
Dopotutto non mi sento neanche di condannarla completamente, ma ritengo che se gli interessi di cui sopra necessitano di tutela, parimenti tutelati devono essere i diritti degli utenti.
Avevo accolto con una certa ironia le promesse del Garante, ma almeno formalmente nuove misure di tutela sono state assunte.
Innanzitutto, le società che si occupano di telemarketing dovranno fornire adeguata documentazione per attestare che la banca dati con le informazioni sugli abbonati sia stata effettivamente creata prima del 1 agosto 2005, comunicando altresì al Garante l’intenzione di utilizzare i dati in esse contenute a fini promozionali, specificando infine se il trattamento dei dati sia effettuato anche per conto terzi.
In secondo luogo, tali dati non potranno essere ceduti a terzi al fine di impedire che vengano create, illecitamente, nuove banche dati che eluderebbero la limitazione temporale della proroga.
Inoltre, all’atto della telefonata gli addetti dei call center dovranno menzionare la società per conto di cui stanno chiamando ed indicare agli abbonati i propri diritti, registrando immediatamente l’eventuale dissenso dell’utente ad essere nuovamente contattato.
In tal caso, tra l’altro, l’utente potrà chiedere il nome dell’operatore a cui ha comunicato la propria volontà di non ricevere più telefonate promozionali.
Onestamente, per il futuro, non confido molto in un mutamento di prospettiva da parte del Legislatore. Non credo cioè che il prossimo anno saranno adottate regole diversamente ispirate in materia di telemarketing, proprio perché sono in gioco troppi interessi.
Se non si è riusciti a proseguire sulla via della restrizione in un momento “caldo” come quello seguito allo scorso autunno, difficilmente si riprenderà quella strada dopo questa marcia indietro.
D’altra parte si è creato un equilibrio (o forse sarebbe meglio dire un groviglio) di interessi che soltanto manovre molto ben articolate potrebbero mutare.
Ritengo che in una tale situazione il ruolo del Garante sia fondamentale per mantenere un adeguato livello di tutela della privacy degli utenti.
Consentiamo il telemarketing, ma facciamo sì che gli operatori rispettino delle regole che possano tutelarci dagli abusi.
Come si suol dire il giusto sta nel mezzo e credo che sia interesse stesso delle imprese non tirare troppo la corda adesso che hanno ottenuto un “trattamento di favore”.P.s. Chi volesse saperne di più sul tema, può leggere i miei articoli su Filodiritto, appositamente linkati!