Svolgimento
Un fiume di asfalto malinconicamente grigio a temperatura da altoforno separa la sponda origine X dalla sponda obiettivo Y.Nessuna presenza di un semaforo pedonale, l’unico sostegno mi viene fornito da uno sfumato chiaro scuro vagamente regolare, strisce orizzontali che hanno timidamente preferito mimetizzarsi che apparire nella loro istituzionale presenza.Le punte delle mie scarpe sono allineate al limite del marciapiede, i talloni dritti, le spalle rigide, collo e testa protesi in avanti, un periscopio che si muove nervosamente a cercare indizi e tracce che mi permettano di scegliere l’attimo T1 in cui iniziare la mia traversata.Delle braccia non so esattamente che farne, robuste mani che tanto mi sono state d’aiuto adesso sembrano avere perso qualsiasi utilità, timidamente tento un gesto di segnalazione della mia presenza, ma quello che viene fuori somiglia più a una resa incondizionata, i miei aguzzini rimangono insensibili e trovano più semplice ignorarmi, eliminando la mia fastidiosa presenza dal loro campo visivo premendo rabbiosamente sul pedale dell’acceleratore.
Una faccia con un sorriso poco rassicurante di dimensione 6mx3m mi osserva ironicamente, la sua immagine ingombrante è stata progettata da esperti della comunicazione per fare in modo che i suoi occhi accesi siano sempre puntati su di te. Considerato che ogni singola pupilla ha un diametro di circa 0,3 metri, l’effetto è a dir poco inquietante.Un calore liquido ha attraversato le suole delle scarpe, le piante dei piedi iniziano a soffriggere, pochi centimetri più in basso, al di sotto della sponda del marciapiede un mucchio di rifiuti di vario genere garantisce un atterraggio morbido dalla mia modesta altezza.La sponda Y si trova alla distanza di 4 carreggiate, calcolando 3,1 metri per carreggiata, in totale sono all’incirca d=12,4 metri, la mia velocità media di attraversamento, considerando trascurabile l’accelerazione iniziale che mi porterà alla mia andatura costante è di v=2,6 metri al secondo, facendo un rapido calcolo il tempo di percorrenza è di (t=d/v) 4,7 secondi.Le macchine arrivano con un range di velocità che va dai 65 ai 95 km orari, dal mio punto di osservazione riesco a vedere i veicoli che arrivano dalla destra con un discreto anticipo (circa 80 metri), mentre da sinistra la presenza di una curva stretta limita a 35 metri il primo pun to di avvistamento.Il punto Y, non si muove, eppure nella mia percezione sembra allontanarsi, nei miei occhi uno zoom inverso mi fa girare la testa, e mi domando se è poi così importante che io arrivi dall’altra parte della strada.4,7 secondi, solo questo dal momento T1, continuando a fare calcoli, ci si rende facilmente conto che, dato che la frequenza delle macchine è di circa 0,8 macchine al secondo, la mia equazione non ha soluzione, e che l’unica alternativa è sperare sulle probabilità statistiche di una combinazione di eventi fortunata o sulla pietà degli automobilisti.Dall’altra parte della strada un individuo è appena arrivato, si ferma ma non sembra essere intenzionato a passare, sembra più concentrato a vedere cosa io abbia intenzione di fare, sono all’incirca 12 anni che non attraverso questa strada, e come me tanti altri hanno smesso di tentarci, questa via che doveva servire a comunicare si è trasformata in un ostacolo insormontabile, sono solo 4,7 secondi ma sono 4,7 secondi di profonda vicinanza con se stessi, uomini di notevoli dimensioni e voci baritonali riscoprono una estranea e intima fragilità, provano un sentimento che sembravano aver dimenticato e, cosa più grave, non sembrano essere in grado di nasconderlo.4,7 secondi di paura, poco più del tempo necessario a deglutire, ma un’apnea interminabile in questi frangenti, le lamiere luccicano al sole, l’odore dolciastro di un gatto dalla pancia gonfia e rigida sul bordo della strada, il suono simile a zanzare di otto kili ogni volta che un macchina sfreccia dal mio punto di osservazione, due pupille indemoniate di quasi un metro quadro totale e un asfalto stanco e bruciato che non nasconde le proprie cicatrici, tutto questo – credetemi - non aiuta.Il sole è arrivato alle mie spalle, la mia ombra inizia lentamente a stendersi sul fiume, la proiezione della mia testa non ha il tempo di lasciare il marciapiede che viene travolta una, due, dieci volte, provo istintivamente a fare un passo indietro, ma la sensazione è vagamente attraente: provate a immaginare di poter godere di un punto di osservazione esterno e di osservarvi travolti e schiacciati sull’a sfalto senza opporre alcuna resistenza, un oscuro piacevole sapore in bocca, gli occhi sbarrati e secchi, la mente che indaga i perché dovreste mettere a repentaglio la vostra vita nel tentativo di salvarvi.L’immagine di me aderente al suolo, invece di scoraggiarmi mi motiva. Le mie gambe capiscono, le caviglie si sciolgono, il tallone destro si solleva e la punta dello stesso piede si prepara a toccare il suolo; a sinistra lampeggiano, suonano, imprecano, fingono di non vedere, ma hanno capito. Quindi si affannano nel tentativo di non decelerare e ancora schivano, accelerano, sorpassano, minacciano, sgommano, scalano. La mia ombra lunga già mi guarda dalla mezzeria mentre la sponda opposta adesso è lontana poco meno di 4,7 secondi.Faccio un passo e ho paura.
Alessio Colli