Magazine Diario personale
Questo annuncio, seguito da un numero, scritto diligentemente a mano, appariva sulla bacheca del baretto dove ogni mattina faceva colazione prima di recarsi nel suo ipertecnologico ufficio e dove un piccolo monitor stabiliva tutte le connessioni necessarie: accendere le luci, aprire le tende, avviare l’aria condizionata. Tutto con un solo clic. Un paio di giorni dopo nel solito baretto, la solita barista lo guardava sorridente al di sopra della sua generosa scollatura, quando si avvicinò un tipo dall’aria neppure troppo strana che guardandolo dritto negli occhi disse: “Tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale”. Pensò che avesse qualche rotella fuori posto. Qualche minuto e..tling…un messaggio: “Tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale”. Si guardò intorno, nessuno, anche il tizio non c’era più. Era solo uno scherzo si disse mentre raccoglieva le monete del resto che la cassiera gli aveva lasciato nel piattino. Attraversata la strada aveva infilato il portone del grande ingresso dell’azienda per la quale lavorava. “Salve… salve” aveva risposto cortese al portiere che da anni era lì come a guardia delle vite di tutti quei dipendenti. Il ronzio impercettibile dell’ascensore sembrava ripetere quella frase all’infinito e la cosa cominciò a infastidirlo. Varcata la porta, il solito meccanico gesto per accendere tutto. Password per far partire il computer ed ecco arrivare il messaggio: “Tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale”.
Da esperto di sicurezza e consulente di importanti aziende, si ritrovava spiato nel suo stesso terreno e via con nuove procedure per mettere in sicurezza tutti i file importanti, neppure il tempo di finire, ecco un nuovo messaggio da un utente sconosciuto: “Tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale”.
Adesso la paura diventa reale. Il respiro corto, il sudore scende lungo la schiena e si gira di scatto. E’ sveglio. Aveva sognato. “Che sogno angosciante – pensò – mi sembrava davvero di vivere un incubo. Adesso mi faccio una doccia, mi vesto e vado al lavoro e cominciamo la giornata con un buon caffè. Questo caldo di luglio mi sta ammazzando”.
Il suo solito baretto era sempre lì con la simpatica e scollata barista pronta a servirgli il suo quotidiano caffè ristretto con una punta di zucchero. Quando lei una volta gli aveva chiesto come mai quella punta di zucchero lui aveva risposto con quella sua faccia da conquistatore: “Io sono già dolce” e lei aveva sorriso. A lui piaceva far sorridere la gente, li rendeva più rilassati, ben disposti. E la mattina presto un sorriso è sempre un buon inizio di giornata. Pensava a questo quando sentì alle sue spalle: “Tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale”. Il sorriso gli sparì dal volto e si girò lentamente pensando di rivivere un incubo, solo che questa volta non era un sogno. “Prego ha detto qualcosa” si sentì dire automaticamente. “Sì – aveva risposto l’ometto che dietro di lui aveva parlato – quando ero un bambino nonostante il gran caldo, come in questi giorni, chi andava al lavoro si vestiva con una maglietta e via. Adesso questa aria condizionata rende tutto in qualche modo finto. In strada si soffoca ma in ufficio si gela con i condizionatori al massimo. Fuori un mondo, dentro un altro, è estate ma sembra inverno, per questo: tutti viviamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale. Buona giornata”. E detto questo uscì dal bar. La sua fronte era imperlata di sudore, nonostante il condizionatore regalasse a tutti gli avventori un bella aria gelida.
l.l.g.
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