Svolgimento
Come facesse a non schiodare il culo dalla sedia e dargliene di santa ragione a quel giornalista impettito era un enigma che non riusciva a svelare.Io al suo posto gli avrei già tirato contro uno scaldabagno a un tipo così. E forse proprio per questo lui allenava il Real Madrid mentre io stavo spalmato sulla sdraio di tela a farmi sgranocchiare dalle zanzare, su quel terrazzino di Mondragone che profumava di mare e munnezza.José Mourinho era, a mio (e a suo stesso) modesto parere, il più grande allenatore del mondo.E non parlo solo di tattica. Era un genio della comunicazione e dell'intrattenimento; uno così, avesse fatto il presentatore televisivo, avrebbe cremato Pippo Baudo.Riusciva a mantenere uno stoico self-control di fronte alle incombenze dei giornalisti, nonostante la sua squadra avesse miseramente perso la Supercoppa di Spagna contro il loffio Betis Siviglia.
"Io digo che la esquadra ha jucatu bene, il risultato di partita è bujardo. Ora conscentriamoci su campionatu, dove vinsceremu senza prublema, perchè esquadra è la migliore di Espagna", rispondeva flemmatico José, gli occhi semichiusi, la barba di tre giorni e la parlata ipnotica, soporifera.
"Con la rosa di campioni che ha, Mourinho, perdere col Betis? Almeno ammetta che la squadra non c'era oggi in campo! Fossi in lei sarei molto preoccupato" ribatteva il giornalista."Lei mi disce di essere preoccùpato. Io mi preoccùpo se mia moglie està male, se nipote ha febbre alta, se meu cane non va regulare a fare i bisogni... non se mia esquadra perde una Supercoppa".Gesù, quanto avevo da imparare da quell'uomo.
Anche se a vedermi così non sembrava, con le infradito Havaianas e la canotta bucata, anch'io ero un allenatore di calcio. Sì, io e Mourinho eravamo colleghi. Diciamo che se ci fosse stato un sindacato degli allenatori saremmo stati rappresentati dalla stessa sigla. Eravamo anche coetanei, solo che lui era nato a Setùbal da padre allenatore, mentre io avevo visto i natali a Torre Annunziata, da padre arrotino.Avessi avuto anch'io il padre Ct, a masticare Plasmon e schemi, a quest'ora altro che Mondragone per fare due bagni con la bambina. sarei stato, come minimo, in ritiro con una squadra di Serie A per preparare l'imminente inizio di stagione. Cento per cento.La mia carriera era iniziata otto anni prima, quando, appena trentasettenne, avevo cominciato ad allenare i ragazzi della scuola calcio Frattura di Torre Annunziata. Dopo il successone del campionato allievi, in cui raggiungemmo gli insperati play-off, venni chiamato ad allenare il real San Marzano che cercava un volto giovane per rilanciarsi nel campionato di Promozione. Sembrava un sogno. Avevo la tuta societaria, le trasferte pagate a metà (nel senso che loro mi pagavano l'andata, ma come tornare a casa era un problema mio), e talvolta anche interviste postpartita per testate regionali.Mi esonerarono alla prima di ritorno, dopo il penultimo posto e i sette punti in classifica.Da allora, negli ultimi sei anni, ho allenato un po' qui e un po' lì, tra campionati di Prima e di Seconda categoria, senza abbuscare una lira e collezionando esoneri infausti, esclusivamente per colpa della sfortuna che pareva perseguitarmi, subdola e sadica. E un anno si rompeva il centromediano, e un altro anno s'infortunavano tutti e due i terzini, e l'anno dopo ancora si sfasciava il crociato dell'unico centravanti che vedeva la porta. Ovvio che senza i migliori giocatori non ce la potessi fare.Per Mourinho era facile, invece. Se si faceva male un terzino, ad esempio, bastava voltarsi in panchina e trovava una truppa di fluidificanti con polpacci grandi come angurie. Si faceva male il centrattacco? E dov'era il problema? Chiedeva al presidente un nuovo acquisto e il giorno dopo si presentava in ritiro una montagna umana da tre gol a partita.Invece, quando si faceva male Crispino (seconda punta di movimento del Casoria Warriors), come alternativa c'era solo quel fracico di Buonaforte, che aveva pure i suoi trentanove anni, mica gli potevi dire qualcosa. Niente meno che quando lo incrociavo in allenamento gli davo del lei.(continua su Atletico Minaccia Football Club, Marco Marsullo, EINAUDI STILE LIBERO BIG)
Dedica dell'autore:
"Per la Maestra e i suoi alunni: da uno che ha spedito il manoscritto ad Einaudi. Senza smettere mai di crederci, senza smettere mai di scrivere"