Come funziona?Legare la bici adesso e poi nel tempo non conta cosa c’è fuori ma la quotidianità di esso.Siamo quello che facciamo quante volte è necessario ripeterlo?Non si srotolano più i pensieri nella grande balena sventrata tutto è morto. I suonidi una volta eranosolo ricordi lontani,tuttalpiù si creavano nuovi spaziabili danze neltempo.Mi piace camminare per Torino. Certe sere vago senza meta. Frantumo i momenti rubo i baci egli innamorati la tristezza degli ubriachi. Il mio amore non compreso: lecco il cemento, sembra miele. A volte, per interi pomeriggi, senza meta precisa, né proprio a casaccio, né all’avventura, ma cercando di lasciarmi portare. Prendo il primo autobus: ferma! (non si possono più prendere gli autobus al volo). Oppure preparo accuratamente, sistematicamente un itinerario. Se ne avessi il tempo, mi piacerebbe trovare un itinerario che, attraversando tutta Turin , passi soltanto per strade che cominciano per la lettera M.Il vuoto si sussegue al pieno ancora una volta. Vetrocemento. Città dormitorio blu poi azzurro sconfinato nel suo essere confinato. I dettagli ogni mattina lo disarmavano.Vediamo cose che non vogliamo vedere e viceversa.Parco Dora, ancora il piede gratta ritmicamente il girp su e giù un'armoniosa danza.Dopo lavoro vengo qui per rilassarmi: immagino questo spazio cosa potrebbe essere. Un campo da rugby? Una piscina, un altro luogo, un altro tempo.Nelle cuffie risuona Washing Mashine dei Sonic Youth, così retrò. Guardo le vetrine della lavanderia a gettoni, non è tanto diversa.Nel mio quartiere c'è una piccola agenzia di viaggi che tratta esili. Banalmente, si occupano di trovarti un posto da cui non si possa scappare e dove non ti si possa trovare. Chi riesce a tornare in tempi brevi è rimborsato. Guardo la vetrina, oltre gli alberi svenuti del viale e eroso al mio contratto partime.Poi, dritto sul balcone dalla mia casa, si specchia quella davanti più in là, oltre quell’aria i piccioni sono ornamenti sul vetro.Un pugno batte un colpo, un orecchio ascolta la lampada. Roberto è contenuto nella fotografia. Roberto è simmetrico a sè stesso. La mano interrompe le vibrazioni della lampada. Roberto pensa esce dalla camera con passo deciso; vecchie carcasse di animali sventrati proteggono il tempo.Il vuoto in me non è che il vuoto fuori. Ricerca il meglio per te e se ti è possibile vai oltre per cercare il bene per l’altro.Sbam, le acciaierie cantano come sirene sgozzate.nausea orgasmica, fonderie fiatsuonano fiati.Nessuna figura architettonica grammaticale, solo reale scarto.Non si può essere custodi dellapropria bellezza,questo arduocompitova lasciato a qualcun altro.Le megadattere gorgeggiano. Siamo tutti dottori ma poi non troviamo lavoro da nessuna parte.Crisalidi ancora concorrono con i forni delle fabbriche vuote. Trovami ancora trasparente.Migrano gli uccelli verso la primavera e gli uomini si tingono di nero.C’e qualcuno: è sera sono tutti rifugiati nel plasma. Voglio essere il meno umano possibile.Loro stanno ad attendere ipotetici archeologi che scavando nel sottosuolo, mettendo assieme tassello dopo tassello, ma il mistero non sarà svelato, perché sarò io riesumata che canterò le gesta di una civiltà non civile.Uno stato sociale di gomma.Voglio essere meno umana possibile.In millenni si sono creati e tramandati, impressi in DNA lascivi, schemi morali che ci rendono morti mentre ancora respiriamo.La cosa principale è il NON.Cerco ancora i miei riflessi trasparenti in Corso Montana.
Irene Dorigotti