E lasciamo perdere che la marcia contro la mafia - trent’anni dopo – assolutamente non doveva essere una semplice torta inzuccarata con trenta candeline: no, questa marcia è ideologica e non commemorativa. Bene, io ci sto, tu ci stai? certo, mettiamo in rete le scuole, e che facciamo? Tutti davanti il Cirincione, si parte da lì che poi percorriamo la strada della memoria – sì, perché dai valloni De Spuches ci passavano le motociclette dei killer ai tempi del triangolo della morte, bene proprio di lì, poi arriviamo a Casteldaccia, giro del paese prima via Allò dove ammazzarono a don Michele Carollo, poi il furriato dove stavano gli affiliati di don PidduPannu, e quindi arrivo in piazza, tutti sotto la torre di Salaparuta. Nessuna carica politica farà discorsi, solo i ragazzi devono parlare dice Vito Lo Monaco, che di questa marcia è uno dei promotori.
Mignazza, penso io, questa idea è bella forte: ci eviteremo i discorsi retorici dei soliti politici di turno che come conoscono loro la ricetta dello stufato di cavoli manco mia nonna ai tempi di fame e guerra mondiale. Se i politici non possono parlare, si suppone che non ci saranno. Macchè: il nuovo politico, quello dell’era di facebook, non gliene frega niente di parlare in pubblico, lui in mezzo alla gente ci va per farsi fare le fotografie. E così sarà.
Il fiume di studenti che arriva in piazza trova un palchetto conzato come una cassata tricolore: alle spalle lo stendardo con la scritta Trent’anni di marcia antimafia, e sul palchetto il presidente della provincia e una bella manata di sindaci che quelli che conosco sono tutti di militanza o provenienza PDL.Sono proprio belli: il presidente della provincia in mezzo, i sindaci ai lati. E sono generosi nel donare sorrisi paterni agli studenti che leggono cose belle contro la mafia (dieci e lode alla ragazzina che conclude il suo intervento tirando fuori un fazzoletto rosso). Li guardano come se fosse figli loro. Che io invece guardo a loro e mi pare di leggergli nel pensiero, e nel pensiero gli leggo quella frase che certe volte è scritta nei muri dei cimiteri: eravamo come voi, sarete come noi.Mah! Certe scenette non si possono taliare: mia nonna – quella della pasta e cavoli – direbbe che c’è da restare allibiti (idda non aveva le scuole basse, alluccuti non lo diceva). Alcune professoresse con cui ho parlato dice che rimasero sconcertate però sopportarono.Uno con la bicicletta si mise a gridare Giù i politici dal palco – mignazza come gridava! Manco dieci secondi e già aveva otto carabinieri alle sue spalle. Allora la moglie di questo con la bicicletta andò dai carabinieri e ci disse: lasciatelo stare, è ddu cretino di mio marito, scrisse un libro contro la mafia e non gli bastò per sfogarsi, deve fare a tutti i costi il pulcinella.Comunque la giornata finì come trent’anni fa: venne ora di pranzo e tutti se ne andarono a mangiare. Quello con la bicicletta incontrò a Vito Lo Monaco – che veramente veramente lo aspettava al varco – e glielo chiese, ma una cosa dal basso non si poteva fare? solo le scuole, senza le istituzioni. Iddu rispose di no, che le istituzioni ormai ci vogliono. Della marcia di trent’anni fa rimane il ricordo, di quella di quest’anno resteranno le fotografie su facebook di uno stendardo, di un po’ di studenti che leggono e dei politici PDL tra lo stendardo e i lettori. E magari magari qualche foto di studenti che hanno marciato, che meno male che la maggior parte di loro manco lo sapeva di che partito erano quelli che si trovavano sul palco, sennò alla marcia manco ci andavano.Giorgio D'Amato(pubblicato su www.pupidizuccaro.com)