Magazine Diario personale
Ho le cuffie per ascoltare la musica ma non schiaccio “play”
Mi muovo fra la gente che si trasporta nelle strade. Li osservo con le borse piene, pacchetti di vestiti; cose e ancora cose. Mi sembrano molluschi invertebrati. Le vetrine non hanno pietà mostrano i cappotti le nuove collezioni griffate degli stilisti. È strano guardare il tempo che ti travolge quando tu passi la vita da una festa ad un altra al guardare la televisione sdraiato sul divano. Spettatori di un grande spettacolo senza spesso la possibilità di fare zapping ecco come mi sento.
L’autunno è una dimensione proverbiale dove tutto si avvia verso una morte.
Guardo il pavimento di marmo,lattine di coca si attaccano all’asfalto. Il ritmo dei miei passi intercala i miei respiri. Un afa mi pervade nel profondo della notte. Ho sonno tuttavia sto bene nel mio non dormire. La notte non dormo da mesi, il sonno è tempo sprecato quando si deve trovare una parte di sé. La città mi illumina e mi devasta attendo la brezza della sera per chiedermi chi sono. Ho letto tanti libri, ho comprato molti vestiti ma nessuno di essi mi ha chiesto chi sono o come sto.
La soluzione del mio malessere è non stare in un benessere così diffuso. Se qualcuno mi guardasse da fuori solo per un attimo non vedrebbe che un ragazzino scarno con i jeans tagliati e una maglietta bianca e il viso carico di occhiaie. La notte mi corico nel letto, dormo e sono sveglio; cammino per strada e non so se è una realtà o un reality. Mia madre dice che sono sonnambulo; io credo di avere una fortuna stare sveglio mentre dormo e cosi la mattina non so più chi sono. Molta gente guarda la tv per aspettare una verità in cui credere,sfoglia un giornale per decidere come vestirsi,cerca un annuncio il valore di una vista. Come posso curarmi dalla mia malattia? Sfoglio libri impolverati senza chiedermi l’età. A volte cambio dimensione con loro e per un attimo smetto di essere pelle viola e non è colpa dell’acido che ho appena ingoiato ma è colpa di ciò che sono e che mai sarò. Mi stappo la birra, mi siedo sul divano e imploro un altro sogno lucido. Imploro una altra pelle perché sfiori la mia. Anima mia dolce e cara, per quanto ti ho venduto il peso del pezzo non è mai abbastanza. Siamo i figli della noia e finché non la troviamo non sappiamo che fare; cerco altre pelli, metafore di colore esistenziale, mi reincarno: sono fenicottero ,sono lucertola,sono lontra sono inseguitore di altri mondi. Corro verso Oriente: io sono la mia opportunità; credo che il 90% della gente non sappia il perché della sua esistenza e non si sia mai trovata ad affogare nella sua merda. Il punto di crisi è il punto di massimo sviluppo per l’umanità; leggo sui giornali che siamo nel pieno del buco del mondo e che solo pochi respiri ci resteranno. Ma che senso ha ascoltare un ragazzino scarno con il volto scavato dalle occhiaie dell’angoscia? Riaffittiamoci tutti è uscita la nuova collezione.
Irene Dorigotti
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