Così Tomasa disse un giorno che mi ero presentato da lei per il caffè, poi sbatté la porta e continuò ad imprecare.
Vai da lui, vai da lui che ti racconterà la verità meglio di ogni altro.Da dietro la porta tentai di spiegarle che Juan Mateo con me si divertiva a far vedere quanto era bravo a parlare la lingua dei bananieri. Tomasa aprì la porta e con tono di comando mi ordinò di sedere. Ci sono cose che tu devi sapere, poi si sedette. Trascorsero istanti lunghi e interminabili, prima che lei parlasse, nella sua mente riesumava pezzi di vetro che andavano a lacerare ferite mai chiuse, tagli sopra tagli dove il martirio era la nota dominante, le tumefazioni il colore; io tenevo le dita incrociate e tese, districarle sarebbe stata opera ardua, le gambe immobili, come l’aria d'altronde, tutto fermo in un incanto, in attesa che le parole di Tomasa dessero il permesso di respirare. Il suo viso intanto impallidiva, trapelava orrore, le labbra secche, gli occhi asciutti. Solo quando tutto il mondo sembrò pronto per ascoltarla, solo allora lei iniziò. (Le parole si riversarono al ritmo del sangue che defluisce da venemozze, potente il fiotto dapprima e poi lento, sino a che le ultime gocce trovano la forza di incontrare l’aria, divenendo il niente delle memorie destinate a perdersi.)Mio fratello, Alfonso, aveva quindici anni quando lo scelsero per diventare un patrullero, che quindici anni sono tanti e sono pochi quando della vita conosci solo il lavoro nei campi a raccogliere i chicchi del caffè e i caschi, e la cosa che sai descrivere meglio è l’umidità e la puzza delle sostanze chimiche che gli americani mettono sulle banane per non farle toccare dagli insetti, e che bruciano il naso, che la sera quando soffi è rosso. Alfonso era intelligente e per questo era stato scelto, perché se sei intelligente capisci che la sopravvivenza dipende da quello che farai e non dall’attaccamento alle cose che conosci, dagli affetti. Il bene e male non sono separati da un filo sottile che ti pone da una parte oppure dall’altra. Non è così, è tutta un’altra situazione che è fatta di convincimenti e confusione, che alla fine bene e male non esistono e vedi solo che, se qualcuno soffre e muore, quel qualcuno potresti essere tu, e allora ringrazi un dio che quello lì si trova al tuo posto. I patrulleros erano gente come noi, genteche veniva prescelta, anzi no, rastrellata, costretta con la forza e con la forza diventava il nostro peggior nemico, perché la loro sopravvivenza era legata al terrore. Come il sole dei nostri genitori, i patrulleros sarebbero sopravvissuti se tutti i giorni il sangue avesse bagnato la terra. I patrulleros erano addestrati e il loro addestramento la trasformazione di un uomo in uno strumento contronatura - nessuna bestia è paragonabile alla loro frenesia a strappare carne viva, a rompere ossa, a offendere la dignità umana sino a farne fango. A mio fratello dissero che sarebbe diventato importante e che avrebbe avuto vestiti belli e scarpe. Mio fratello non voleva andare con loro, li conosceva quelli che gli stavano facendo la proposta e sapeva pure che se avesse detto di no i primi ad essere ammazzati saremmo stati io e mia madre e mia sorella e tutta la nostra famiglia. Alfonso non poteva scegliere, partì con loro per difendere noi dalla rabbia del branco, dai denti assatanati dei paramilitari.Ora alzati ed esci, vai a parlare con Juan Matteo.GDMagazine Diario personale
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