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Tema: Il Leone e le Pecore

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SvolgimentoTema: Il Leone e le PecoreDiana teneva ben teso il suo arco, mentre Ercole con singolare civetteria cingeva ai fianchi la sua pelle di leone. Tra i due, alcuni atleti ripetevano il gesto elegante per il quale meritarono il marmo. Un ideale paesaggio di bellezza, cristallizzato in una fissità sempre uguale, eppure capace di regalare ogni volta emozioni diverse. Un palcoscenico perfetto per i giochi di seduzione a cui l'ingegno del Cardinale aveva lavorato con impegno. La luce delle sere romane penetrava dalle ampie vetrate intervallate da arazzi e offriva momenti di appagante serenità, prima che le candele dei lampadari in ottone potessero sostituire, con i loro riverberi di oro artificiale, il lento procedere dei tramonti. L'Arcadia pagana, evocata negli intrecci delle stoffe preziose, diluiva le sue storie di amori e morte, con piccole tele agiografiche: ma nessun santo o nessuna pia donna, poteva minimamente distrarre il visitatore dalle rotondità sinuose degli antichi idoli.Il Cardinale, era un tipo simpatico, rubicondo toscano mai pago dei piaceri di tavola o intelletto: un amante del bello, delle buone maniere, della vita di corte. E come gran parte delle persone con simili gusti ai suoi e così frequentemente chiamati a passeggiare in quel palazzo, si faceva prendere a volte da irrefrenabili e poco eleganti voglie. Una notte: dopo l’ennesima festa tra cortigiane, buffoni e tirapiedi, il Cardinale si fece accompagnare verso le sue stanze, da un giovane romano, recuperato chissà dove e a che prezzo.
Uscito dalla sala in cui si stava andando esaurendo il chiacchiericcio, come gli ultimi fuochi di un incendio spento non ad acqua ma a vino, non resistette oltre. Si alzò la veste fino ai fianchi, afferrò le caviglie di Ercole, per stare ben saldo, e ordinò al giovane di prenderlo subito e con più violenza gli fosse venuta. Il ragazzo da parte sua, colto di sorpresa, non sapeva che fare per rispettare l’ordine con impegno: iniziò a guardare i seni alle statue di alcune delle ninfe poste accanto alla dea della caccia. Tenne lo sguardo fisso sulle morbide rotondità che offriva l’arredo del corridoio, sperando di trovare invece in lui la rigidità necessaria, alla quale stava alacremente lavorando di mano. La scena fu davvero memorabile. Il Dovizzi, segretario fidato del Cardinale, nel frattempo, stava passando a socchiudere tutte le finestre e ad accertarsi che nessun altro percorresse al momento il corridoio. Chissà se alla fine furono le belle ninfe o la prospettiva di una mancia ben più sostanziosa a far partire il giovanotto, tra le abbondanti natiche del prelato.Persino il giorno in cui i Principi della Chiesa erano riuniti per trovare un successore al Papa Della Rovere, finito sotto i marmi che gli stava preparando Michelangelo, il Cardinale stava passando dei piacevoli momenti di svago per il gran corridoio del suo palazzo. Mentre il Dovizzi si dava un gran da fare per convincere gli elettori, il Cardinale, che secondo quanto andava raccontando il suo segretario avrebbe dovuto essere sul suo letto di dolore a pregare il buon Dio, inseguiva un paio di ragazzini tra i piedistalli delle statue. Questi dovevano correre nudi, e chi veniva raggiunto doveva sottostare a qualche penitenza, che si esauriva nella poco fantasiosa esibizione di numerosi baci tra le sue cosce.La fine arte diplomatica del Dovizzi, unita ad una buona dose di menzogne sul suo stato salute, le quale lasciano intravedere un pontificato breve, riuscì a portare ottimi frutti. Quando una delegazione di Cardinali, vari membri del collegio addetto ai cerimoniali e lo stesso Dovizzi arrivarono in pompa magna al palazzo, spalancate le porte che conducevano al corridoio delle statue, aprirono involontariamente una via di fuga ai giovinetti nudi e sudati, i quali presero a darsela a gambe tra le ricche vesti svolazzanti degli ingessati astanti. Si racconta che sul viso del Cardinale molti non vedettero la sorpresa per l’arrivo della sontuosa processione guidata dal suo segretario, ma il dispiacere d’essersi fatto scappare in particolare uno dei due giovani, sul quale aveva messo gli occhi da diverso tempo. Per essere l’immacolato componente di un gregge, occorre prima di tutto essere una pecora. Scelse per sé il nome di Leone, da tempo pronto in famiglia. E gli tocco la numerazione di decimo. Chiamò a Roma nipoti, cugini, famigli vari con l'unico scopo di far delle sei palle dei Medici uno dei blasoni più importanti dello Stato Pontificio. Ubbidì a ciascuno di essi e a ciascuno di essi elargì cariche e prebende.

Gianluca Meis



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