Magazine Diario personale
Se c’è una cosa che a Robert piaceva, era che tutto andasse per il verso giusto. Sissignore. Quel piacevole senso che si aveva nel vedere che tutto filava liscio, che tutti i dannati ingranaggi della macchina-universo funzionassero, senza stare lì ad aver la bega di oliarli ogni tanto. Serendipità: quella cosa piccina picciò che ti informa che l’universo è dalla tua parte, che cadrai sul morbido e che quel morbido non è un panettone.
Robert, magro quanto basta, spettinato quanto basta, alle due del pomeriggio in un bel postbornia coi fiocchi e un servizio sulla pesca alle vongole su una televisione che lasciata accesa, trasmetteva ininterrottamente da ventisette ore. Robert era rientrato presto, cioè la mattina presto, verso le sei, e non trovando la stanza da letto, la serendipità lo portò a trovare il tappeto del salotto in cui ci si era avvolto come un gamberetto nel suo specialissimo involtino primavera.
Dopo la sua breve dormita, il qui presente Robert venne fuori dal tappeto come Samara viene fuori dal pozzo, cioè lentamente e con i capelli sulla faccia. Arrivò ad una sedia e ci si appoggiò sopra, guardando con occhi socchiusi le vongole socchiuse alla tv.
Decise di darsi una sistemata, di riprendersi un attimo e di vedere il lato positivo di quel risveglio. Si tastò il “Gulliver”, così chiamava il suo organo riproduttore perché lo considerava un gigante in un mondo di nani e si diresse dove teneva il computer, altro elettrodomestico continuamente acceso. Guardò le barre del download delle serie televisive che stava scaricando e tirandosi giù i pantaloni, logori della sera precedente, cercò un sito internet che facesse al caso suo. Non fu troppo difficile trovarlo.
Ma qui iniziò la magia, la serendipità, l’universo che si mette in moto. Trovato il video giusto, l’universo gli permise di avere anche la colonna sonora giusta. Un suo vicino, pensionato e in stato pre-morte ma con la passione della musica classica, fece partire con lo stereo a palla l’Overture del Guglielmo Tell di Rossini. Ecco, la perfezione: le note di Rossini e il su-e-giù delle protagoniste del video si completavano l’una con l’altra, erano una la panna e l’altra le fragole in un tramonto d’estate lungo i lidi romagnoli di Cesenatico.
Robert non finì neanche il suo lavoro di mano, tanto era preso dal connubio perfetto e provò a vedere se l’accostamento funzionasse anche con altri video.
Si accorse che era l’apoteosi del buon gusto, sembrava che il buon Rossini avesse scritto quell’overture per un video a luci rosse e Robert voleva che l’intero mondo lo sapesse.
Così di punto in bianco, cominciò a scrivere la sceneggiatura di un film e cominciò proprio con una scena hard e la musica in questione, si sfregava le mani compiaciuto per la mega idea che aveva avuto, di come l’universo mettesse pezzi di figure da comporre qua e là e solo il più scaltro poteva ricomporle, in questo caso, il più scaltro era stato lui.
Scrisse due pagine di roba e poi andò a farsi una doccia.
Alla sera si trovò in piazza con un suo amico per fare aperitivo insieme e, davanti ad un buon campari tagliato, lo informò della buona novella e della scena da favola che aveva ideato. Ma quello lo guardò strano sollevando un sopracciglio e gli disse che in realtà, la cosa che aveva ideato, l’aveva già messa Kubrick nel film di Arancia Meccanica, di sfondo ad un threesome per giunta. Robert si sentì male, defraudato del suo piccolo tesoro, del suo piccolo mondo creato da solo in quel pomeriggio.
Niente da fare, Kubrick, l’aveva già fatto. Fottuto dall’universo e dal Dio Orologiaio di Newton.
Ma non si dette per vinto, ok, una buona idea era andata a farsi friggere, ma poteva averne benissimo altre. Ci pensò su un po’ e gli venne l’idea di far vedere una stazione spaziale in orbita attorno alla terra e il valzer del Danubio Blu come cornice alla scena. Sì, quello avrebbe funzionato, alla facciaccia di Kubrick, che si tenesse pure il suo Rossini lui.
Andrea Knulp Roma
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