Il visitatore della notte
Il morbo piegava Firenze.Chi era fortunato moriva nel suo letto, altri cadevano fulminati per le strade, mentre si liberavano dell'incessante flusso che ne asciugava il corpo, togliendo loro ogni forza. Ombre infernali che camminavano febbricitanti, rasente ai muri.In certi quarteri del popolo, a san Zanobi o intorno alle torri del Mercato Vecchio, in quel rigido inverno la morte prendeva con sé famiglie intere e nemmeno i bambini la commuovevano. Come due secoli prima, ai tempi della peste nera, i birri riempivano le case di paglia e fascine secche e in un lampo il fuoco divorava le mura e brillava nella notte, purificando nel fumo l'oscena maledizione che ormai da settimane divorava la città.Il Segretario aveva cercato in ogni modo di contrastare l'epidemia. Ai primi morti, si era rivolto ai medici più autorevoli, e ben fuori città aveva fatto scavare le fosse comuni che avrebbero accolto le migliaia di cadaveri. I Fratelli della Misericordia andavano e venivano dal cuore di Firenze a porta San Gallo e a Porta Romana, e ancor di più la processione di cadaveri prendeva la via del Prato, sempre di notte, al lume dei ceri, verso l'immonda Sardinia, ricettacolo di rifiuti e carogne.Ora il gelo potente aveva dato una tregua al contagio e, mentre camminava per la stretta via che portava al palazzo dei Signori, il Segretario osservava, rischiarata dalle torce, la fascia di sterco che dalla strada copriva i muri fino all'altezza del ventre. Eppure in quel momento non pensava al morbo. Aveva con sé qualcosa di più importante, un terribile segreto, un sogno indicibile, un'opportunità unica per la Repubblica, schiacciata dai nemici interni ed esterni: un piccolo libro poco più di un quaderno, che per qualcuno valeva come la perduta biblioteca di Alessandria e anche di più. Superò l'ultimo canto della via e una folata di vento gli tagliò il viso. Evitava con orrore i mucchi di sterco infetto e di urina ghiacciata, buttati nella notte dalla finestre. Gettò sopra un cumulo di neve nera i frammenti di una fiala di vetro: quell'ampolla era il suo demonio personale. Aveva ancora nelle orecchie l'eco di grida e lamenti che non avrebbe voluto provocare. Ma ricadeva sempre nella medesima debolezza e maledì i cerusici tutti e in particolare uno speziale senza scrupoli di sua conoscenza. Giurò che quella volta sarebbe stata l'ultima.
La luna bagnava l'alta facciata delvecchio palazzo dei Priori, montagna di pietra simbolo della ormai incerta potenza di Firenze. Il Primo Segretario della Repubblica attraversò la piazza rossa, seguito da due birr armati. Uomini fidati. I tempi non erano sicuri, ed erano in molti a desiderare la sua morte: non solo le spie dei Medici esiliatie i pisani in guerra, ma anche i fiorentini e perfino qualcuno dei suoi consiglieri.Strinse più forte il mantello e calcò il cappuccio coprendosi la fronte, bagnata di sudore in estate come in inverno. Ogni cosa gli appariva nemica, perfino il vento del dicembre fiorentino, che mulinava intorno a lui quasi volesse portarlo via. Vide un cadavere, contratto in posa fetale, con la bocca spalancata in una specie di beffarda risata, che si figurò fosse rivolta a lui. Rabbrividì, ma il Segretario non credeva nei presagi, né in Dio né nel diavolo, né nella buona né nella cattiva sorte. Confidava che solo la propria forza avrebbe riscritto il destino suo e di Firenze. I birri batterono il legno della porticina in via della Ninna e la guardia del palazzo aprì subito. I corridoi e la ripida scala segreta del Duca d'Atene erano più freddi della piazza aperta, e il Segretario si tenne il mantello e il cappuccio. Lampade a olio rischiaravano, senza mandare fumo, le stanze del primo piano e finalmente vide baluginare il fuoco di un grande camino. Si tolse allora le pesanti vesti e liberò la testa magra e un po' scavata, nascosta sotto i capelli lisci e neri. Gli occhi furbi esplorarono l'ufficio della Camera Segreta Nera, il centro delle spie fiorentine, di cui lui era il signore assoluto: un universo chiuso e impenetrabile, territorio ignoto perfino al Gonfaloniere Pier Soderini. Le pareti erano coperte delle mappedelle città e delle nazioni del mondo, molte opera di Leonardo, che un tempo era stato suo valido e fidato collaboratore. Quando finalmente fu tranquillo, si rivolse al suo piccolo Vionate, gobbo e nero, l'uomo che più di tutti sentiva legato a sé."Il nostro ospite è ancora nelle sue stanze? Lo state sorvegliando come si deve?"Il capo segreto della Camera Nera fiorentina sorrise, pensando all'uomo alto e magro delle isole britanniche."Protesta, Segretario, a voce alta e nella sua strana lingua""E' ben tenuto, come avevo disposto?"Un principe non potrebbe avere trattamento migliore! Dispone di due stanze calde, per quanto senza finestre sulla strada. E mangia senz'altro meglio di noi. Ma strepita, grida che vuol rivedervi, e sono ormai tre giorni che...""E che mi dici di quell'altro?""E' al sicuro, ma ancora non..."Al Segretario bastò un gesto della mano per zittire la sua fidata spia."E' il nostro segreto più prezioso, lo sai"Violante annuì."Bene" sospirò il Segretario "Fammi avere tutto quanto"
Dedica dell'Autore
Alla gloriosa Maestra e ai suoi sveglissimi allievi, dedico l'innocenza di Andrea e la forza della mia Rose: auguro loro un percorso irto di innumerevoli cocci aguzzi, simile al destino dei miei protagonisti, perché si possano fortificare a dovere. Vivere significa cambiare continuamente, rovesciare se stessi, trasformare i colori del mondo. Solo l'incontro con antagonisti adeguati porterà alla vera maturazione. Nella Città d'Oro, il Gigante senza nome è anche la proiezione della parte più oscura dei miei incubi: incontrate dunque voi stessi, nella scrittura, come ho fatto io, e se siete davvero in gamba, vincete questa sfida. E' di certo la più appassionante.
Leonardo Gori