Eppure il ragazzo non si ribellava. Amava uno di loro, uno soltanto. Ed era l’unico modo per ricevere un suo abbraccio. Quell’altro non sapeva nulla, ma a Samir non importava. Lui amava.E ciò che provava rendeva migliore ai suoi occhi anche quell’uomo. Per questo, non smetteva di sognare.Amare era nella sua natura. Dei filosofi non si fidava molto, li sentiva ogni sera intorno alla brace, nei loro discorsi c’era troppa passione, ma per se stessi, per le proprie congetture. Non gli pareva amassero “l’uomo” di cui sembravano curarsi. Forse amavano anche quello che Samir faceva per loro, ma di sicuro non amavano Samir. Era ancora al ruscello e l’acqua era limpida in quella notte chiara. Mai l’aveva vista così dopo il tramonto. Pensava a quanto sarebbe stato bello scoprire se le parole del vecchio erano vere. «Samir!» lo chiamarono ancora.Riscuotendosi s’avviò. Intanto la gente scendeva a valle: «Andiamo alla stalla, andiamo alla stalla.» si dicevano l’un l’altro. Samir posato l’otre pensò di accodarsi. Ma il richiamo dei carovanieri si fece più forte. Poi l’idea di allontanarsi dal suo amato lo fece rabbrividire. Riprese l’otre e tornò al campo.Da lì venivano voci concitate: «Fai presto Samir, qui sta accadendo qualcosa di strano, gli animali sono nervosi, non li senti? Dobbiamo sbaraccare e fuggire, ballerai domani.»Mai dimenticherò quella notte, la gente, quel fulgore, l’agitazione. Io oggi sono di sughero, e reggo la memoria. Su di me scorre sempre un ruscello. È quello dove Samir si fermò a pensare. Isaia 56, IIIAdelaide Jole Pellitteri
Eppure il ragazzo non si ribellava. Amava uno di loro, uno soltanto. Ed era l’unico modo per ricevere un suo abbraccio. Quell’altro non sapeva nulla, ma a Samir non importava. Lui amava.E ciò che provava rendeva migliore ai suoi occhi anche quell’uomo. Per questo, non smetteva di sognare.Amare era nella sua natura. Dei filosofi non si fidava molto, li sentiva ogni sera intorno alla brace, nei loro discorsi c’era troppa passione, ma per se stessi, per le proprie congetture. Non gli pareva amassero “l’uomo” di cui sembravano curarsi. Forse amavano anche quello che Samir faceva per loro, ma di sicuro non amavano Samir. Era ancora al ruscello e l’acqua era limpida in quella notte chiara. Mai l’aveva vista così dopo il tramonto. Pensava a quanto sarebbe stato bello scoprire se le parole del vecchio erano vere. «Samir!» lo chiamarono ancora.Riscuotendosi s’avviò. Intanto la gente scendeva a valle: «Andiamo alla stalla, andiamo alla stalla.» si dicevano l’un l’altro. Samir posato l’otre pensò di accodarsi. Ma il richiamo dei carovanieri si fece più forte. Poi l’idea di allontanarsi dal suo amato lo fece rabbrividire. Riprese l’otre e tornò al campo.Da lì venivano voci concitate: «Fai presto Samir, qui sta accadendo qualcosa di strano, gli animali sono nervosi, non li senti? Dobbiamo sbaraccare e fuggire, ballerai domani.»Mai dimenticherò quella notte, la gente, quel fulgore, l’agitazione. Io oggi sono di sughero, e reggo la memoria. Su di me scorre sempre un ruscello. È quello dove Samir si fermò a pensare. Isaia 56, IIIAdelaide Jole Pellitteri
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