Possiede una sveglia, di quelle che si schiaccia un pirullino sopra e sentenziano l’ora esatta, ora minuti secondi, con una voce fredda e meccanica che denuncia l’origine cinese del manufatto. Sono le tledici e ventiquattlo minuti e tlenta secondi. Poi la speaker cinese ci aggiunge la temperatura ambientale in gradi centigradi. E chi l’ascolta ci crede, senza porsi il minimo dubbio, che questa sveglia/termometro sia capace e abile di tenere il conto delle ore dei minuti dei secondi e in più misurare la temperatura, come fanno anche i termometri italiani, e quelli europei in genere. Comunque sia, lei ha questa sveglia, la tiene sul comodino da un po’ di anni e in questi anni di solitudine ha imparato a parlarci, con la cinese della sveglia là dentro. Già dal mattino presto le chiede l’ora, schiacciando il pirullino, e quella ci aggiunge anche la temperatura, perché è il suo mestiere, si è trasferita dalla lontana Cina per misurare la temperatura delle camere da letto delle signore italiane. Dopo un’infanzia tormentata, passata a vendere ravioli al vapore nei mercatini rionali di Shanghai, a prendersi l’umidità nelle ossa e sopportare le battute dei ragazzi di passaggio, finalmente una svolta, una vita tranquilla e comoda, sul centrino di pizzo del comodino.Conoscevo una signora che coltivava una passione, per i centrini di pizzo. Li realizzava con l’uncinetto e il filo di cotone ecru, stando seduta per giornate intere dietro il vetro della sua finestra nella casa di paese. D’estate invece metteva la sedia fuori sul marciapiede stretto, dava le spalle alla strada, perché si usa così. Ne faceva a decine, con grande velocità e maestria, era una abilità acquisita negli anni, nei decenni, ormai era quello il suo unico passatempo. Lavorava tutto il giorno con l’uncinetto, in silenzio, meditabonda, contava i punti muovendo le labbra in modo impercettibile. Sotto le sue dita un po’ storte per l’artrosi, nasceva pian piano un miracolo di trafori e cordoncini, che noi bambini cercavamo di riprodurre con la carta dei quaderni. Si piega un foglio in quattro, poi con la forbice si tagliuzza a piacere tutto intorno, e anche sui lati piegati. Quando hai finito e apri il foglio è come un centrino traforato, ma di carta a quadretti, e puoi anche venderlo agli zii compiacenti per sole cinquanta lire, a quei tempi c’erano ancora le lire.La signora ne produceva uno al giorno, rotondi, rettangolari, ovali, quadrati, poi li immergeva in acqua e amido per farli irrigidire, così mantengono la loro forma e non si raggrinzano sui bordi frastagliati. Quando non c’era l’amido in casa, li bagnava con l’acqua zuccherata, l’effetto era lo stesso, in più noi bambini che lo avevamo scoperto, ce ne andavamo in giro per casa a succhiare di nascosto gli angoli di pizzo dei centrini della nonna.La vita che scorre sul centrino di solito è tranquilla, monotona, senza scossoni. Soltanto il sabato si viene spostati per le pulizie settimanali, ma è solo per qualche minuto, si attende con pazienza di ritornare al proprio posto. Questo vale per le sveglie e per tutti gli altri oggetti che affollano il comodino. Stanno insieme sul centrino come naufraghi sulla zattera, evitano di toccare la superficie fredda del marmo per non sprofondare nelle sue venature impetuose. Si stringono forte tra loro, gli occhiali, i bicchieri, l’abat-jour, i libri, le sveglie, i fazzoletti. Sono salvi per ora, sullo scafo di merletti zuccherati, sopra il comodino nella camera da letto di una signora che parla con la sua sveglia cinese. Così alcune volte sboccia l’amore, tra gli oggetti che si accalcano sui comodini nelle camere da letto. Con il passare del tempo e l’alternarsi delle temperature, trovano la loro anima gemella, si accoppiano tutti tra loro e spesso lasciano il centrino, in cerca di una migliore sistemazione.
Raimondo QuaglianaAutore segnalato alla XXVI edizione del Premio Calvino