Sono un inventore. Per essere più preciso, ragioniere non praticante, diplomato senza entusiasmo sette anni fa. Il giorno stesso della maturità ho deciso che non avrei fatto il contabile. Mi confondevo alla vista delle colonne della partita doppia, dare avere non ho mai capito bene, nemmeno i concetti base della tecnica bancaria. Approfittai della festa di diploma e lo dissi ai miei genitori. L’indomani mattina ero già fuori casa, con una borsa da viaggio semivuota, verso la stazione ferroviaria. Mi appostai per una mezza giornata lungo i binari, guardando treni e persone che andavano e venivano, si baciavano e si abbracciavano. Pensai che sarebbe stato bello avere un filo che collegasse le persone, le une alle altre, che rendesse meno pesante il momento della partenza. Tornai a casa, stabilii una tregua con i miei e tirai fuori la mia prima invenzione. Il filo interpersonale, o filantropo. Un filo sottile, trasparente e molto resistente, che si teneva in tasca avvolto in bobine di lunghezza variabile in base al viaggio, che si srotolava man mano che ci si allontanava, con il meccanismo del mulinello della canna da pesca. Poi al ritorno si riavvolgeva da solo, in modo completamente automatico, ritornando bobina. Con questo sistema si poteva restare sempre uniti, sia pure da un filo, ma un filo resistentissimo. L’invenzione non ebbe il successo che speravo. I tempi non erano maturi e io non ero nessuno. Per gli inventori di quel periodo ero solo uno sconosciuto che tentava di forzare la loro sfera di privilegi, sottraendo prestigio, clienti e forse anche idee. Venni ostacolato in tutti i modi e non si trovò una piccola o media azienda o anche una merceria disposti a investire denaro sulla mia invenzione. È scomoda, dicevano. Lo so, rispondevo. Credo di avere ancora in cantina molte bobine di quel “filantropo”.
Mi sono stancato presto, non ho più inventato niente per anni. Poi mi trovavo alla stazione, in occasione della partenza di un amico di secondo grado, e guardavo la gente e i treni che andavano e venivano. E la gente si affannava a fare provvista, a comprare qualcosa da mangiare per il viaggio, panini, biscotti, bibite, acqua. Soprattutto acqua.
Tornai a casa e tirai fuori la mia seconda invenzione, quella definitiva, quella che avrebbe cambiato la mia vita. Acqua istantanea. Bastava portarla sempre con sé, in comode bustine monodose. Al momento giusto, era sufficiente aggiungere una quantità di acqua a piacere, un bicchiere o anche di più, e subito ecco pronta la bevanda, fresca e cristallina, come appena sgorgata dalla sorgente.
Il genio spesso si nasconde nelle cose in apparenza banali e modeste. Questa era la mia invenzione. Un metodo semplice e sicuro per confortare i passeggeri sitibondi sulle tratte interregionali, che sarebbe stato facile estendere a tutte quelle situazioni in cui l’acqua è necessaria, ma allo stesso tempo ingombrante e difficile da trasportare. Gli eserciti, per esempio, con migliaia di soldati costretti a tenere sulle spalle contenitori pesanti pieni di liquido prezioso. Non avrebbero più sofferto la sete, in nessuna missione di pace o di guerra.
Ne inviai alcuni campioni al Ministero della difesa, alcune bustine monodose, con lo scopo di divulgare la mia scoperta e renderla accessibile e utile alla causa di tanti popoli. All’interno del plico, insieme al prodotto, una breve presentazione delle sue potenzialità nel campo militare e umanitario, una mia breve nota biografica con tutti i recapiti, per un eventuale contatto.
Stavo facendo la spesa al supermercato, quando mi sento chiamare per nome da un signore senza baffi, non molto alto, vestito in modo assolutamente normale. Mi giro verso di lui e faccio per andargli incontro, subito sostenuto per le braccia da altri due che sbucavano ai miei lati all’improvviso. – Venga con noi.
È tutto quello che mi hanno detto. Poi mi sono ritrovato ad aspettare, in questa sala d’attesa, di essere ricevuto dal ministro. Lo so, ci sono tempi lunghi per tutte le cose, figuriamoci se un ministro della difesa, con tutto quello che ha da fare. Nel frattempo mi trattano bene, qui al ministero il cibo è discreto e si dorme comodamente. Io mi sto preparando con cura al momento della convocazione, che sarà l’incontro più importante della mia vita. Passo e ripasso a mente tutto quello che dovrò dire al ministro, una breve presentazione delle potenzialità nel campo militare e umanitario, una mia breve nota biografica con tutti i recapiti, le mie richieste e le mie aspirazioni. Prima o poi la porta si aprirà e verrò ricevuto. È solo questione di tempo.RQ