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Tema: (S)FORTUNA

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Svolgimento
Tema: (S)FORTUNACamminava nel campo, accarezzando con la mano i fiori e i fili di erba e le canne che crescevano spontanee sotto il vento di scirocco. Si addentrò fino ad arrivare sotto il grande olivo, vicino alla casa dei nonni. Era il suo luogo preferito: cominciò a cercare con attenzione attorno al tronco, tra le fessure e vicino alle radici, finché non trovò un bel esemplare di scarafaggio. Lo prese dalle elitre e se lo mise sulle mani, osservandolo. Dopo averlo guardato estrasse dalla tasca dei suoi pantaloncini un paio di piccole cesoie, di quelle che sua madre usava per potare le buganvillee, prese lo scarafaggio e con un colpo secco gli recise la testa. Le prime volte l’esperimento non riusciva perché la testa si portava via pure il midollo, e lo scarafaggio moriva. Col tempo aveva fatto pratica, e aveva acquisito la precisione di un macellaio. Prese un piccolo contenitore di plastica fra i tanti ai piedi dell’albero, vi depositò il corpo ancora movente e posò il tutto fra gli altri contenitori: barattoli di nutella o marmellata, bomboniere gettate dalla madre, ognuno con il suo animale mutilato. Una lucertola con uno spillo infilato in un occhio che chissà come era ancora in vita, un’altra senza la zampa posteriore, un’altra senza quella anteriore, scarafaggi senza testa che camminavano ancora da chissà quanto tempo e farfalle senza zampette che non potevano più posarsi, e finivano per accasciarsi sfinite.
Prese alcuni iris e qualche campanula e andò dalla nonna, che gli regalò i soliti due euro “per il gelato” e tornò a casa. A tavola sapeva che nessuno se ne ricordava, quindi non aspettava la domanda “Come è andata l’interrogazione di oggi?”. Al posto parlava la TV. Si alzò immediatamente dopo aver finito, lavò i piatti sporchi e andò a riposare. Chiuse le imposte, prese una soffice coperta di lana e si rannicchiò nel divanetto della sua stanza. Pensò ai soldi che stava raccogliendo. Fra quelli che gli dava la nonna e quelli che guadagnava a scuola facendo i compiti dei compagni stava accumulando una bella somma. Sua cugina, quella ricca che vive a Milano, da quando le era morto il padre lo aveva più volte invitato ad andare a vivere là una volta terminato le medie, e quei soldi servivano per il viaggio e per comprare la spesa ogni tanto, visto che non era il tipo da presentarsi “panza e presenza”. I soldi erano ben nascosti dove nessuno li avrebbe mai trovati: le banconote erano ne L’origine della specie, mentre le monete erano in un piccolo sacchettino, dentro una cavità ricavata dalle pagine della Bibbia (sentiva che Dio lo avrebbe perdonato), entrambi messi in bella vista nella sua piccola biblioteca
Suo padre lamentava sempre che non c’erano i soldi, e sua madre rammendava sempre i suoi calzini, che oramai erano ridotti a grumi di fili scoloriti. Però non capiva come mai il sabato sera uscivano sempre con pellicce e pellicciotti, e si infilassero in tasca tante banconote gialle, e poi tornassero a casa mogi mogi.Mancavano solo due mesi, e il cielo sembrava diventare più azzurro ogni giorno di più. Il prato sembrava più verde, le nuvole più cotonose, l’aria così salutare e buona. Ogni mattina era l’alba di un giorno migliore. Suo padre gli aveva detto che non avevano soldi per il biglietto ma, alla notizia che lui aveva racimolato quelli necessari da solo, dovette raccogliere tutte le suo doti artistiche sopite e affettare delusione. Finalmente una bocca in meno da sfamare, quindi soldi in più per l’enalotto. La madre, appresa la notizia, cominciò prima a sognare schemoni, poi a cercare ogni giorno i soldi nella sua stanza, sotto il materasso e negli armadi, fra i cassettoni e dentro il comò, ma invano.Era sabato, la giornata afosa e l’aria soffocante, ciononostante gli ultimi sacchi di calcina sembravano i più leggeri del mondo. Tornato dal lavoro andò prima al grande ulivo. Mentre camminava accarezzava il denaro nella sua tasca. Aprì tutti i coperchi, e un miasma cadaverico si diffuse nell’aria. Svuotò i barattoli dei corpi in putrefazione, restituendo alla terra ciò che le apparteneva, promettendole che non avrebbe mai più deturpato la natura con simili cose. Promessa che mantenne. Una vipera lo morse alla caviglia, non ebbe il tempo di scansarsi che  sentì un altro morso ancora, e ancora dieci forse mille morsi. Si sedette fra le radici che fuoriuscivano dalla terra arsa e svuotò l’ultimo barattolo che aveva in mano.Quella sera la sua famiglia scomparve dalla città. Si sparse la voce che avessero vinto una cifra gigantesca all’enalotto.Riccardo Giacalone

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