Da anni aspettava questo momento. Finalmente i giochi erano stati aperti. Le gare delle varie discipline erano già cominciate. Ancora un giorno d’attesa, poi, non gli sarebbe rimasto altro che vincere. In lui pareva si fosse manifestato Dio. L’Entità Superiore, infatti, non si era risparmiata in nulla. Intelligenza, prestanza fisica, temerarietà, erano i doni di cui era stato ricolmato Dionisio. Il nome greco aveva il sapore della profezia, i suoi muscoli sembravano usciti da un calco per le statue di marmo dei primi giochi olimpici di Atene. La storia avrebbe conservato il suo nome, per sempre.
“Vinca il migliore” dicono gli allenatori, puntando dentro gli occhi i propri atleti. Lo sguardo ha il compito di convincere l’allenato. Fargli credere che, per l’appunto, lui sia il migliore tra tutti quelli in gara.
Per Dionisio non c’era dubbio, non c’era bisogno di esortazioni né occorreva che lo si rincuorasse.
Lui era il migliore! E non solo tra quei partecipanti. Era il migliore in assoluto.Lo testimoniava il cronometro. I tempi raggiunti in allenamento erano ineguagliabili.Lui e il suo allenatore vivevano in simbiosi da tempo e se uno aveva doti fisiche l’altro aveva quelle tecniche. Se uno era l’allievo capace di realizzare un sogno, l’altro era il Maestro che poteva materializzarlo. Il loro IO scisso e fuso, entrambi verso la medesima meta. Forse più che scalpitanti, nell’attesa, erano rabbiosi, la grinta era diventata ansia. La determinazione, caparbietàIn nessun altro sport, come nella corsa, può vincere soltanto il migliore.Alle Olimpiadi i severi controlli non consentono il doping.A Dionisio, per altro, doparsi avrebbe fatto solo male. Non aveva bisogno di nulla se non della forza di cui erano dotate le sue gambe. Nella sua testa esisteva la convinzione che davvero Dio si fosse scapricciato con lui e per strada, le rare volte che usciva, aveva la sensazione di sentirselo accanto, gli pareva perfino di sentirgli dire: «Ecco, non faccio solo esseri insignificanti o da aggiustare alla bella e meglio con il bisturi. Io faccio cose tanto perfette da stupire perfino me stesso!»Il passo sicuro di Dionisio pareva non incontrare ostacoli, non conoscere difficoltà.Perfino gl’infortuni capitati durante gli allenamenti, si risolvevano prima che qualunque medicina facesse effetto. Quel corpo aveva una ripresa strabiliante, era un caso da manuale.Per questo motivo il suo allenatore, furbo e lungimirante, lo teneva praticamente sotto chiave. Alle gare alle quali partecipava gli imponeva di usare soltanto la metà della sua potenza. Gli bastava farlo vincere per un millesimo di secondo. Lo sottoponeva sempre ad allenamenti estenuanti. Dionisio, di contro, non si sarebbe mai fermato, tanta era la sua ostinazione.Arrivare alle Olimpiadi e spiazzare tutti con un tempo da record era l’unico scopo del suo allenatore, un uomo dagli occhi porcini, avido di gloria. Dionisio, per se stesso, non aveva mai desiderato una sorte diversa. Aveva, ormai, il fermo-immagine negli occhi. Celesti, chiarissimi quasi grigi, occhi felini.Vinca il migliore ripetevano gli speaker radiofonici all’inizio di ogni gara. Solo il migliore gridavano dagli spalti gli spettatori. E soltanto il migliore poteva vincere in questa disciplina.
Adelaide J. Pellitteri