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Tempi difficili.

Creato il 01 maggio 2012 da Tazzina @tazzinadi
Tempi difficili.
Tempi difficili di Charles Dickens. 
Oggi è il 1° maggio, dovrebbe essere una festa ma ad esempio qui a Torino ci sono stati scontri, tensioni, fischi, cariche della Polizia, coinvolgimento di centri sociali e No Tav.
Senza voler parlare di questioni delicate, ho le mie posizioni su tante cose (mi pare ad esempio che si potrebbe vivere bene anche senza la Tav in Val di Susa, per dire...) ma sono contraria all'esprimerle con violenza, anche se so che non è facile controllarsi. Tuttavia è importante provarci perché qualsiasi forma di violenza compromette ogni confronto e peggiora ulteriormente le cose.
Comunque c'è da dire che sono davvero tempi difficili. 
Oggi infatti volevo osservare un giorno di silenzio (poi non ce l'ho fatta), in un'epoca storica in cui il lavoro non è più un elemento da celebrare ma da riconsiderare dalle radici, per capire dov'è che si è spezzato qualcosa e curarlo.
Un mondo del lavoro ormai senza regole chiare, che ci ha disabituati all'importante senso della sicurezza, che in qualche caso ci preclude il domani, comunque sempre meno democratico, in eterno disequilibrio tra sopraffazione e lamentele, perdita di fiducia, di iniziativa e leggi della giungla, con pochi margini di costruzione e speranza. 
Allora nei tempi difficili penso all'omonimo libro. Ci penso con amore e tenerezza ma anche con la voglia di superare questo mio animo dickensiano che troppo spesso mi ha trafitto ingiustamente il cuore. Vorrei prima o poi andare oltre, me lo propongo come obiettivo per il futuro. Basta Dickens, non come scrittore, ma come modello di pensiero e visione della vita. Tuttavia, oggi siamo ancora a oggi. 
Qui c'è un maestro, il signor Gradgrind ("uomo di Fatti") che interpella un'allieva:
"Cecilia Jupe. Allora, vediamo. Cosa fa tuo padre?
- Lavora nel circo signore, se non vi spiace.
Il signor Gradgrind aggrottò le sopracciglia e fece un gesto con la mano come per respingere quella discutibile vocazione.
- Qui non vogliamo saperne di queste cose. Non ce ne devi parlare. Tuo padre addestra cavalli, vero?- Sissignore, se non vi dispiace, quando ce n'è qualcuno da addestrare, lo domano in pista. - Non ti è consentito nominare la pista in questa sede. Bene, allora devi dire che tuo padre fa il domatore di cavalli. Cura anche i cavalli malati. Dico bene?- Oh, sì, signore.- Molto bene. Tuo padre è veterinario, maniscalco e domatore di cavalli. Dammi la tua definizione di cavallo. La domanda gettò Sissy Jupe nella più gran confusione. - La ragazza numero venti non è in grado di definire un cavallo!
Esclamò il signor Gradgrinf a generale edificazione dei piccoli recipienti.
(...) 
Avanti, un ragazzo mi dia la definizione di cavallo. Tu, Bitzer.  (...)- Quadrupede, erbivoro, quaranta denti, di cui ventiquattro molari, quattro canini e dodici incisivi. Muta il mantello in primavera, nei climi umidi anche gli zoccoli. Zoccoli duri, ma che richiedono la ferratura. Età riconoscibile da diversi segni nella bocca.
Questo (e molto di più) disse Bitzer.
- Adesso ragazza numero venti, - commentò il signor Gradgrind, - sai cos'è un cavallo".
Quindi c'è questa bambina, figlia di circensi, cui viene spiegato (ingiunto?) che quello non è un vero lavoro, non deve neanche nominare la pista del circo a scuola. 
Ricordo che da piccola, come molti bambini, avevo una vera passione per il circo. Non certo per il maltrattamento degli animali, sia chiaro, ma per quell'atmosfera "altra" rispetto alla realtà quotidiana. 
Oggi mi sembra che si stia tornando, come senso generale (ma senza voler generalizzare a tutti i costi) al modo di ragionare del maestro dickensiano. 
Una possibilità "altra" non c'è più?
Le cose stanno così. Non c'è lavoro. E basta. Non ci sono i soldi. E basta. Possibile che la violenza debba essere l'unica via d'uscita? La violenza per le strade della mia città? Davvero? Sono spaventata. Nella mia vita non avevo mai assistito a niente di simile, con i miei occhi, a Torino, il 1° maggio. 
Ora, non dico che farsi ingaggiare tutti dalla famiglia Orfei come clown sia la risposta ai nostri problemi. Però neanche dire che un cavallo è solo un cavallo mi pare sensato. Un cavallo è anche altro. 
Insomma: non siamo più nell'Ottocento, e nemmeno meritiamo di tornarci. 

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