dal terrazzo di sabby
Sono due giorni che il mare è agitato.
Il profumo è meraviglioso, come sempre il mare regala profumi intensi e sprigiona grande energia.
Nei piccoli paesi, quando il tempo è brutto, le occasioni di svago sono veramente poche. Le passeggiate sul lungomare sono improponibili, anche se io stamattina ho goduto di una passeggiata, tra spruzzi e profumi di sale, veramente energizzante.
Diciamo che questo è il “tempo da bar”: per gli uomini, che si ritrovano nel chiuso di un bar, come un vecchio e rassicurante luogo di ritrovo, e tra chiacchiere e pettegolezzi “ammazzano” queste giornate grigie; per le donne, anche se raramente, è l’occasione di prendersi un caffè tra amiche.
I bar del mio paese mi ricordano molto le descrizioni lette quest’estate nel libro di Stefano Benni, “Bar Sport”: surreali, ma verosimili. Il bar è davvero un punto di ritrovo, di chiacchiere che si alimentano per la noia o si colorano per la passione sportiva .
Per fare un Bar Sport ci vogliono tre cose. La prima, un bar. Uno di quelli normali, con il bancone, i tavoli, le sedie, il telefono e via di seguito. Magari, lo si inaugura in una giornata di estate. La seconda, un’insegna che non funzioni; qualcosa che faccia capire che il bar sport è effettivamente quello, ma non troppo chiara, che insomma ti faccia porre qualche domanda. La terza, la più importante, un tecnico, o meglio un tennico, figura mitologica che si evoca (o si automanifesta) ogni qual volta ci sia una discussione, un confronto, un interrogativo da risolvere.