Ci sono notizie, nel marasma di sangue, attentati, esecuzioni, spari, fughe, violenze di ogni tipo, che invece consolidano la voglia di vivere, rinsaldano il proprio rapporto con l'esistenza e rendono armonico il proprio abisso con la confusione del mondo.
Come questa.
Finalmente ora sono più tranquillo.
Non che fossi preoccupato di incontrare il barbiere polacco e che al posto della rasatura perfetta mi proponesse uno squarcio nelle mie povere membra - tra l'altro faccio altro di mestiere, e soprattutto vanto un sesso diverso della vittima tipo -, ma la notizia riaccende la speranza che molte cose in questo mondo si possono sistemare.
O alcune, almeno.
Il problema sono i tempi.
Per esempio, se stiamo a questo cadenzare del tempo, forse quando i miei figli saranno ormai nonni, probabilmente si verrà a sapere con certezza chi ha abbattuto l'areo a Ustica, oppure chi ha sicuramente massacrato quasi cento persone alla stazione di Bologna.
E non solo.
Anche chi è quel maledetto che mi ha rubato la moto all'inizio dei seventies - che Dio lo tramuti in una gallina in un allevamento intensivo, era la mia prima moto...-, chi ha sfondato la portiera della mia Renault 4, quando era regolarmente posteggiata mentre di notte dormivo.
E poi.
Chi è quello schifoso maledetto che si è fottuto il mio portafoglio circa trent'anni fa mentre in metro, cercavo di raggiungere l'ufficio, creandomi noie a non finire.
E via così.
Insomma, per coniare una frase intelligente e geniale, la speranza è l'ultima a morire.
Il problema è che nell'attesa che la speranza faccia il suo corso, si muore.
Ci penseranno i miei pronipoti.
Dopotutto, la vendetta è un piatto che si mangia freddo, o no?