Di colpo il cielo s’è abbassato, scocca fulmini orizzontali. Secchi, senza preavviso, saette, seguite da scrosci brevi di grandine. Il tempo rallenta e gli occhi attendono impauriti il prossimo squarcio.
Lampo/schiocco, così immediati da fondersi nei nervi, nei neuroni, fanno salire il cuore verso la gola.
Passa, passerà presto.
Deve arrivare l’acqua. L’acqua mitiga l’elettricità, la suddivide in tanti, minuscoli rivoli che la portano verso terra. e non fanno male. Serve l’acqua.
Non è vero, non è niente vero, ma è bello crederlo. Il fulmine scocca da terra, è solo bello pensare il contrario.
Come il cielo fosse un corpo di femmina e il fulmine il maschio, e una fica di luce li percorresse per litigare e fare all’amore.
Non è vero, non è vero niente. Il cielo e la terra sono incuranti di noi. Possiamo scriverne le leggi, ma loro le applicano secondo voglia, hanno un loro bene a cui rispondere, che non ci riguarda e che c’ignora.
La pioggia d’estate adesso scende a rivoli. La parte organica del mondo ringrazia di tanta vitale indifferenza.
La furia è passata, il cielo si alza, si stira pigramente, e s’allarga. Da nuvole di spuma filtra curiosa la luce.
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